3, 2009
 
Saggi    
 
 Abstract


Laura Nocito

Ai margini della letteratura femminile:
per un primo approccio alle dediche di poetesse nel Cinquecento *



1. Nel XVI secolo anche nella cultura italiana le donne accedono a pieno titolo al mondo delle lettere. Qualche caso di scrittrice era presente sin dalle Origini, ma solo «nella letteratura del medio Cinquecento le donne fanno gruppo», come nota Carlo Dionisotti.1 Ancora all'inizio del secolo la donna è presente in letteratura solo come "oggetto".2 Un'opera esemplare a questo proposito è il Libro del Cortegiano di Baldassare Castiglione, pubblicato a Venezia nel 1528. In un dialogo fittizio ambientato alla corte di Urbino, attorno alla duchessa Elisabetta Gonzaga, che vede come personaggi Pietro Bembo, Bernardo Dovizi da Bibiena, Federico Fregoso, Ludovico di Canossa e Giuliano de' Medici, viene delineato tra l'altro il profilo della donna di corte. Marina Zancan così sintetizza il ruolo qui attribuito alle donne: All'elemento femminile sono attribuite, nel testo, due funzioni: quella di ricondurre all'immagine del modello totale (la corte), in forma equilibrata ed armoniosa, quegli elementi di disordine che, per lunga tradizione di pensiero, la donna rappresenta e impersona; e quella di garantire, ricongiungendosi ordinatamente all'elemento maschile nella generazione stessa del discorso, che il sistema del modello possa essere totalizzante, apparire naturale e risultare, quindi, per questo, di valore universale.3 Nello stesso tempo viene tuttavia descritta anche la funzione intellettuale della donna di corte, come «complemento armonioso della figura del cortegiano».4 A questo proposito Giuliano de' Medici aggiunge che la donna deve avere «notizie di lettere, di musica, di pittura e [deve saper] danzar e festeggiare, accompagnando con quella discreta modestia e col dar bona opinion di sé ancora le altre avvertenze che son state insegnate al cortegiano».5 Questa puntuale descrizione della funzione intellettuale della donna di corte, che in un primo momento può sembrare induttiva, contiene comunque la consapevolezza da parte degli uomini, in questo caso dei partecipanti al dialogo, della capacità intellettuale della donna. In effetti «il testo allude anche al fatto che si sa che anche le donne sanno».6 Tanti sono i trattati nel Cinquecento che presentano la donna come "oggetto". Si pensi anche solo alla letteratura sul matrimonio e sulla scelta della moglie, che Daniela Frigo definisce «letteratura del prender moglie» e che ha una lunga tradizione.7 Già Leon Battista Alberti nel secondo libro dei Libri della famiglia, all'interno di un dialogo in cui si tratta di amicizia, amore, matrimonio, delinea la donna ideale da prendere in moglie: Adunque nella sposa prima si cerchi le bellezze dell'animo, cioè costumi e virtù, poi nella persona ci diletti non solo venustà, grazia e vezzi, ma ancora procurisi avere in casa bene complessa moglie a fare figliuoli, ben personata a fargli robusti e grandi.8 L'immagine di una moglie che non deve essere soltanto bella, ma anche virtuosa e «ben personata» si ritrova in vari trattati cinquecenteschi come, per esempio, il Dialogo della institution delle donne (1545) di Lodovico Dolce oppure La nobiltà delle donne (1549) di Ludovico Domenichi.9 Questi testi si pongono sulla scia del trattato albertiano. Tuttavia qui non è più il modello di donna ideale a essere descritto, come era nel Cortegiano. In questi trattati si trovano piuttosto «la descrizione e la ripetizione di quelle norme che tendono ora a fissare la donna ai propri ruoli, sessuali e sociali. [...] la donna è vergine, maritata o vedova, secondo una classificazione di tradizione cristiana» che viene adeguata «alla necessità di strutturare, sul piano ideologico, l'istituto familiare».10 A questa immagine di donna sottomessa a molteplici vincoli socio-culturali si aggiunge comunque un'attenzione alla sua formazione intellettuale. Nel Dialogo di Lodovico Dolce per esempio sono menzionati autori che la donna può leggere e altri che invece le sono proibiti: Tra quelli, che si debbono fuggire, le novelle del Boccaccio terranno il primo luogo. {et} tra quelli, che meritano esser letti, saranno i primi il Petrarca {et} Dante. nell'uno troveranno insieme con le bellezze della volgar Poesia {et} della lingua Thoscana esempio d'honestissimo et castissimo amore, {et} nell'altro un'eccellente ritratto di tutta la Filosofia Christiana. A questi s'accompagnino le divine opere del dottissimo Bembo, l'Arcadia del Sannazaro, i morali {et} eleganti Dialogi dell'Eccellentissimo Sperone, {et} il Cortigiano del Castiglione; dal quale per mio giudicio potrà apprender tutte le virtù, {et} i belli {et} honesti costumi, che appartengono a gentildonna.11 Se da una parte, nella trattatistica cinquecentesca, si ritrova la presenza della donna "oggetto", dall'altra, si registra una novità. La donna non è più soltanto la parte complementare dell'uomo di corte, oppure argomento e personaggio di testi maschili, bensì appare ora anche attiva in prima persona nella cultura e nella letteratura del Cinquecento. Due elementi che favoriscono questo mutamento di ruolo sono la codificazione della lingua volgare e lo sviluppo editoriale con la sua naturale conseguenza di una maggiore diffusione del sapere. Più persone possono dunque accedere alla cultura: «si moltiplicano le edizioni, numerosi sono i volgarizzamenti [...], la proposta dei modelli letterari (in modo particolare Petrarca filtrato dal Bembo), guida per molti l'avvio alla scrittura».12 Tra queste persone ci sono appunto le donne, che non subiscono passivamente questi cambiamenti culturali, ma ne fanno parte in maniera attiva. L'importanza delle strutture editoriali per la diffusione dei testi letterari si vede bene nei primi decenni del Cinquecento soprattutto a Venezia, dove sono stampati e pubblicati tanti testi firmati da donne.13 Il nuovo fenomeno è osservato anche dai letterati di sesso maschile che percepiscono la donna intellettuale come parte integrante della nuova cultura letteraria. Ludovico Domenichi pubblica nel 1559 a Lucca presso Vincenzo Busdrago la prima raccolta delle Rime diverse d'alcune nobilissime et virtuosissime donne. A quarant'anni di distanza da Domenichi saranno le scrittrici stesse a esaltare l'intellettualità femminile con trattati sull'argomento: ricordo per esempio Moderata Fonte, con Il merito delle donne (1600), e Lucrezia Marinella, con La nobiltà et l'eccellenza delle donne (1601). A questo punto la donna non è più percepita come semplice "oggetto", bensì come scrittrice essa stessa, attiva all'interno della cultura letteraria italiana. La produzione letteraria femminile del Cinquecento si può dividere dunque in due momenti: il primo si colloca entro la prima metà del secolo, il secondo piuttosto alla fine. Come nota Marina Zancan, il primo gruppo di donne letterate è attivo tra il 1530 e il 1550: tra queste ci sono per esempio Vittoria Colonna, Gaspara Stampa, Tullia d'Aragona, Laura Terracina e Veronica Gambara. Al secondo gruppo, attivo appunto verso la fine del secolo, appartengono Isabella Andreini, Chiara Matraini, Moderata Fonte, Lucrezia Marinella e Maddalena Campiglia. Questa 'divisione' può essere applicata anche ai generi di testi prodotti. In effetti, dopo la metà del Cinquecento la pratica delle scrittrici si allarga «dalla lirica petrarchesca ad altre tipologie, dal poemetto alla favola pastorale, dal poema epico al trattato e al genere epistolare».14 L'allargamento di tipologie testuali è possibile anche grazie alla presenza di stamperie in diverse città italiane, che consentono la diffusione di una maggiore varietà di opere. Le donne infatti non rimangono più legate alla produzione lirica, di stampo petrarchista, ma cercano di appropriarsi anche di altri generi testuali. È il caso, già ricordato, di Moderata Fonte e di Lucrezia Marinella che affrontano il genere della trattatistica: genere che all'inizio del secolo era impiegato piuttosto da scrittori di sesso maschile, anche per parlare della figura femminile. A questa altezza cronologica invece il gioco si rovescia: sono le donne ora a scrivere trattati su se stesse e sul loro rapporto con gli uomini. La nobiltà et l'eccellenza delle donne di Lucrezia Marinella, dove già nel titolo viene esplicitato il contenuto dell'opera e la posizione dell'autrice stessa, è un esempio singolare a questo proposito. Adriana Chemello sottolinea il nuovo ruolo della donna scrittrice: «Diversissime tra loro per struttura e per uso di modelli e di repertori letterari, le opere di Moderata Fonte e di Lucrezia Marinella rappresentano due risposte, sufficientemente personalizzate e con risultati tra loro differenziati, ad una "querelle" letteraria fortemente marcata dai segni dell'ideologia».15 Giustamente dunque Marina Zancan parla di una «seconda generazione, più interna ai meccanismi del sistema letterario».16 Nonostante l'allargamento della partecipazione femminile alla pratica letteraria, negli ultimi decenni del Cinquecento si riducono tuttavia i nomi di donne scrittrici. Carlo Dionisotti ricorda che al «di là del 1560 [...] la scena cambia: quel gruppo cospicuo, in cui si erano trovate editorialmente insieme scrittrici di generazioni diverse, scompare, né altro si compone a prenderne il posto».17 Una spiegazione di questo fenomeno, secondo Dionisotti, è stata indicata da alcuni nel Concilio di Trento e nella Controriforma. Questo periodo, «segnato dal progetto controriformista», certamente esercita un'influenza significativa anche sull'attività letteraria delle donne.18 Ne è un segnale indiretto il fatto che la produzione letteraria femminile di quegli anni riflette il dibattito «sul valore e la funzione della figura femminile [...] che ha assunto toni [...] di forte misoginia».19 Nel dibattito sulle virtù della buona moglie si colloca anche Torquato Tasso, punto nodale della letteratura della Controriforma. Ne Il padre di famiglia egli uguaglia la natura della donna al disordine «in quanto è materia e non ragione».20 Tasso rileva inoltre due elementi importanti che vanno considerati nella scelta della moglie: da una parte la condizione sociale della donna che non può essere diseguale, dall'altra l'età della donna che deve essere preferibilmente più giovane, perché in «quell'età giovenile la donna è più atta a generare, ma anco perché secondo il testimonio d'Esiodo può meglio ricever e ritener tutte le forme de' costumi ch'al marito piacerà d'imprimerle».21 Alla fine del Cinquecento si chiude dunque rapidamente il cerchio che si era aperto a inizio secolo. Queste rapide e necessariamente generali riflessioni sulla scrittura femminile, tutt'altro che esaustive, erano importanti per collocare la presenza delle donne nella cultura letteraria italiana del Cinquecento, dove, per riprendere le parole di Dionisotti, «fanno gruppo» e come tale si impongono. Le scrittrici non sono più solo argomento o personaggi di opere altrui, ma si ritagliano un proprio spazio diventando esse stesse autrici.
2. La presenza delle donne nella tradizione letteraria cinquecentesca trova una meritoria documentazione nel Fondo Ferri della Biblioteca Civica di Padova, creato dalla passione del conte Pietro Leopoldo Ferri che nell'Ottocento cominciò a collezionare libri scritti da donne. La Biblioteca Femminile, come è stata chiamata dal conte, è una singolare collezione di opere composte esclusivamente da donne dal XIII al XIX secolo,22 donata dagli eredi di Pietro Leopoldo Ferri alla Biblioteca Civica di Padova nel 1870, insieme con il catalogo manoscritto (tutt'ora conservato nella Biblioteca) sul quale il conte registrava le opere acquistate. Secondo il desiderio degli eredi, la raccolta è stata tenuta separata dagli altri libri e collocata in appositi scaffali recanti la legenda «Biblioteca Femminile Italiana del conte Pietro Leopoldo Ferri defunto donata al Comune dai figli di lui conti Giovanni Battista e Francesco. Anno 1870».23 La donazione è molto ricca, essendo costituita da «1121 volumi legati in pergamena, comprendenti 229 edizioni rarissime, che rappresentano il lavoro di 785 autrici».24 La raccolta non si è fermata con la morte del conte Ferri, anzi è stata incrementata fino al dicembre 1936, arrivando così a comprendere 1462 opere a stampa e 13 manoscritti. La bibliofilia del conte Pietro Leopoldo Ferri e il desiderio di rendere pubblico il prestigio della raccolta lo indussero a pubblicare nel 1842 a Padova, presso la tipografia Crescini, il catalogo: Biblioteca Femminile Italiana raccolta posseduta e descritta dal conte Pietro Leopoldo Ferri padovano.25 In un testo che funge da avviso al lettore, il conte precisa: La biblioteca femminile italiana, da me raccolta, e in questo Volume descritta, è composta delle sole Opere originali o tradotte, in prosa od in verso, che le colte mie Connazionali dal decimoterzo secolo sino ai giorni nostri dettarono, e vennero date alla pubblica luce. [...] Si accorgerà spesso il cortese lettore che possedo più Edizioni d'una medesima Opera, e ciò m'è sembrato opportuno consiglio, affinchè, volendolo, egli possa confrontare l'una con l'altra per conoscere le sagge e ponderate varianti che di tratto in tratto occorse alle loro Autrici di fare. [...] Sono omesse poi nella mia Biblioteca tutte le Opere, o Raccolte, le quali, benchè portino in fronte il nome di una o più Donne, si sa che vennero scritte da Uomini per puro loro capriccio.26 Da questa descrizione, ma anche dalla composizione del catalogo, traspare la passione del conte Leopoldo Ferri per la scrittura femminile. Da ogni singola descrizione delle opere si nota quanto sia profondo lo studio che sta dietro a ogni libro raccolto. Purtroppo mancano informazioni dirette sulle motivazioni che lo hanno indotto a compilare il suo catalogo. Diverse sono le ipotesi avanzate: il conte certo era consapevole del fatto che in Italia mancava «un dizionario bibliografico che descrivesse con accuratezza le sole opere a stampa di donne letterate», ma anche aveva probabilmente il desiderio di rendere omaggio alla produzione letteraria femminile.27 Forse anche, ma meno facile da provare, aveva un fine educativo, con l'indicazione di un modello normativo.28 L'unica informazione certa reperibile dall'archivio di famiglia è l'intenzione di Pietro Leopoldo Ferri di pubblicare un secondo volume contenente le biografie delle diverse scrittrici, che però non vide mai la luce.
Intento della mia ricerca è di dare un ulteriore seppur modesto contributo concentrandomi su un elemento dell'opera: le dediche. La ricca collezione del Fondo Ferri ha permesso di censire un cospicuo gruppo di opere scritte da donne da cui partire con l'analisi delle dediche e cercare di capire se è possibile riconoscere una tipologia femminile di queste scritture liminari. La grande ricchezza e varietà di materiali del Fondo ha inoltre permesso di coprire un vasto arco cronologico all'interno del Cinquecento. È stato comunque necessario limitare il numero e il genere di opere indagate. Il corpus, che è stato sottoposto ad analisi è composto dalle seguenti opere:
  A) Tullia d'Aragona (1510 ca. - 1556):
- Dialogo della signora Tullia d'Aragona della infinità di amore, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1547.
- Rime della signora Tullia di Aragona; et di diversi a lei, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1547.
- Il Meschino altamente detto il Guerrino, fatto in ottava rima dalla signora Tullia d'Aragona, Venezia, Giovan Battista e Melchior Sessa, 1560.
- Rime della s. Tullia di Aragona; et di diversi a lei. Nuovamente corrette et ristampate, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560.

  B) Laura Terracina (1519? - 1577):
- Discorso sopra tutti i primi canti d'Orlando Furioso, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1550.
- Discorso sopra il principio di tutti i canti d'Orlando Furioso, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1551.
- Le seste rime della signora Laura Terracina di Napoli, Lucca, Vincenzo Busdrago, 1558.
- Discorso sopra il principio di tutti i canti d'Orlando Furioso, Venezia, Domenico Farri, 1560.
- Rime quinte della signora Laura Terracina, Venezia, Domenico Farri, 1560.
- La prima parte de' discorsi sopra le prime stanze de' canti d'Orlando Furioso, Venezia, Giovan Andrea Valvassori, 1567.
- Il discorso della s. Laura Terracina sopra il principio di tutti i canti di Orlando Furioso, Venezia, Frazzaria al segno della Regina, 1579.
- La prima parte de' discorsi sopra le prime stanze de' canti d'Orlando Furioso, Venezia, Eredi di Luigi Valvassori e Giovan Domenico Micheli, 1584.
- Discorso della signora Laura Terracina sopra ol principio di tutti i canti d'Orlando Furioso, Venezia, Ventura de Salvador, 1588.

  C) Gaspara Stampa (1523 - 1554):
- Rime di madonna Gaspara Stampa, Venezia, Plinio Pietrasanta, 1554.

  D) Laura Battiferri (1523 - 1589):
- Il primo libro dell'opere toscane di m. Laura Battiferra degli Ammannati, Firenze, i Giunti, 1560.
- I sette salmi penitentiali del santissimo Profeta Davit. Tradotti in lingua Toscana, da Madonna Laura Battiferra degli Ammannati, Firenze, i Giunti, 1564.
- I sette salmi penitentiali del santissimo Profeta Davit. Tradotti in lingua Toscana, da Madonna Laura Battiferra degl'Ammannati, Firenze, i Giunti, 1566.

  E) Modesta Pozzo de' Zorzi (pseudonimo Moderata Fonte, 1555 - 1592):
- Tredici canti del Floridoro, di Mad. Moderata Fonte, Venezia, [Nella stamperia de' Rampazetti], 1581.
- Il merito delle donne, scritto da Moderata Fonte, Venezia, Domenico Imberti, 1600.

  F) Maddalena Salvetti Acciaiuoli (1557 - 1610):
- Rime toscane della Maddalena Acciaioli, gentildonna fiorentina, Firenze, Francesco Tosi, 1590.

  G) Lucrezia Marinella (1571 - 1653):
- La colomba sacra poema heroico di Lucretia Marinelli, Venezia, Giovan Battista Ciotti, 1595.
- La nobiltà et l'eccellenza delle donne, co' diffetti et mancamenti de gli huomini, Venezia, Giovan Battista Ciotti, 1601.
I parametri applicati all'analisi sono quelli definiti all'interno del progetto di ricerca I margini del libro, diretto da Maria Antonietta Terzoli e attivo all'Università di Basilea dal 2002 (www.margini.unibas.ch), che è stato anche il punto di partenza di questa ricerca.29
3. L'analisi delle dediche considerate, diciassette in tutto, mostra come le autrici hanno saputo usare l'istituto della dedica adattandosi alle norme consuete, ma piegandolo nel contempo alle loro necessità specifiche. Nelle dedicatorie sono registrati il motivo della scelta del dedicatario o della dedicataria, l'elogio, le ragioni dell'offerta dell'opera: Io so bene Nobilissima et virtuosissima Signora Duchessa, che quanto la bassezza della condition mia è men degna della altezza di quella di V. Eccell. tanto la rozezza de componimenti miei è minore dello ingegno, {et} giudicio suo. {et} per questa cagione sono stata in dubbio gran tempo se io dovessi indirizzare a cosi grande, {et} cosi honorato nome quanto è quello di V. Eccell. cosi picciola et cosi ignobile fatica, come è quella de Sonetti composti da me [..] Ma disiderando io di mostrare in qualche modo qualche parte della devotissima servitu mia verso V. Eccell. per gli obblighi che le ho molti, {et} grandissimi si a lei, {et} si a quella dello invitto et gloriosissimo consorte suo, presi ardimento, {et} mi risolsi finalmente di non mancare a me medesima, ricordandomi che i componimenti di tutti gli scrittori hanno in tutte le lingue, {et} massimamente quegli de Poeti havuto sempre cotal gratia, {et} preminenza, che niuno quantunque grande, non solo non gli ha rifiutati mai, ma sempre tenuti carissimi.30 Talora figura nel testo l'atto stesso del dono con la richiesta di accettazione nonché la domanda di protezione dell'opera e della dedicante: L'accetti dunque vostra Sereniss. Altezza, {et} la gradisca, come certa dimostratione del vivo animo mio, {et} dello affetto, che hò intensissimo, di poterla servire: Et si degni di trapormi, {et} numerarmi insieme con Pietro mio fratello, che sol meco ancora vive (essendo morti tutti gli altri, {et} nostro Padre con loro) trà i più fidi, {et} isviscerati suoi servi, {et} che più bramano, {et} da Dio pregano ogni contento, {et} felicità à vostra Sereniss. Altezza, {et} al Sereniss. Sig. Duca.31 Le formule dedicatorie usate sono quelle consuete talvolta impiegate insieme con diversi topoi. Nell'elogio troviamo per esempio la lode delle virtù dei destinatari, l'elenco dei titoli politici e accademici, la celebrazione degli antenati illustri: Sapevo ben io lei essere uscita di quella mobilissima, {et} Illustrissima casa, nella quale sono stati due Pontifici Sisto, {et} Giulio veramente sostegni, {et} lumi della cadente, {et} accecata Cristianità, sapeva suo padre essere il Signor Duca Francesco Maria non mai lodato à bastanza, gloria dell'arte militare, ornamento della pace, Sole della età nostra, sapeva esserle fratello il Signor Duca Guidobaldo presente Duca d'Urbino di valore, {et} d'ingegno pari al padre, {et} per dover esser ben tosto pari ancora di gloria, {et} d'honori. Intendeva similmente lei haver per marito il Sig. Marchese di Massa, non solamente chiaro per nobiltà di sangue, come quegli, che è dell'antichissima, et honoratissima casa Cibo, risplendente ancor eßa per li due celebratissimi Papi Bonifacio, {et} Innocentio, {et} per altri personaggi d'importanza grandissima, ma ancor piu per havere in si giovane età dati gia espressi segni di prudenza, et di virtù inestimabile.32 Soprattutto in questi casi di elogio dei destinatari si registra l'innalzamento topico a cui si oppone l'abbassamento dell'opera definita come bassa e piccola, secondo il topos dell'alto e del basso, oppure come dono umile, mal composto o rozzo, secondo il topos della modestia, sempre con lo scopo di innalzare, per contrasto, il destinatario: onde confidatami finalmente che V. Eccellentia per la infinita bontà, et cortesia sua debbia piu tosto riguardare la grandezza dell'animo in queste mie così basse {et} roze fatiche, che la picciolezza del dono.33 Oppure:
Non le sdegnate (prego) che 'l gran Giove
Che fece, e muove il Sol, non prende à sdegno
L'humili offerte d'un divoto core.34
Quest'ultimo aspetto si incontra soprattutto nell'atto di offerta e nella richiesta di accettazione dell'opera. Infine, un altro elemento che crea maggiore distanza tra dedicante e dedicatario è l'uso dei superlativi, che nel contempo rappresentano di nuovo un'ulteriore forma di elogio del destinatario o della destinataria: e maggiormente dalle Donne, per esser V. A. S. quella vera luce, che col suo gran lume rende chiarissimo, e lucidissimo il pregio nostro. [...] Fò humilissima reverenza.35 Un topos ricorrente in modo esplicito, soprattutto nelle dediche di Laura Terracina, di Modesta Pozzo de' Zorzi e della figlia Cecilia, è la richiesta di protezione. Spesso è accompagnata da altre informazioni che si chiariscono quando l'autrice manifesta i motivi della scelta di un dedicatario o di una dedicataria. In effetti, in queste loro dediche emerge l'immagine dell'ambiente culturale in cui le scrittrici si trovano ad operare: una società che non vede la donna come letterata e di conseguenza non percepisce come tale nemmeno la sua produzione letteraria. Laura Terracina sa ben descrivere l'atteggiamento ostile di molti uomini contro i quali la poetessa si trova a combattere. Nella prima dedica al marchese Giovanni Bernardino Bonifacio la poetessa scrive: Impero che deliberando meco di fare uscire nel cospetto de gli huomini, quella mia breve compositione sovra i canti di M. Lodovico Ariosto, proposi nel mio animo (perche era da se rozza, {et} debole à difendersi dal velenoso dente di malvagi uomini, à benche di naturale ingegno uscita) consacrarla à V. Illustriss. S. come quello che ben potea far sicura d'ogni malvagità de perversi, {et} porla sotto il saldo scudo de la grandezza di quelle vertudi che in singular modo vi ornano, {et} che si dolcemente accendono il core di ciascuno, che non si tien satio giamai, che non solamente v'ama, ma come verace albergo d'ogni giusto pensiero v'adora;36 Anche Modesta e Cecilia Pozzo registrano nelle loro dediche la consapevolezza di un giudizio negativo da parte degli uomini. Nella dedica a Livia Feltria della Rovere Cecilia scrive: Si come nell'ambigue questioni cerca ogn'una delle parti di trovare per scudo un difensore il più eccellente, che puote; {et} quella d'esse quasi reputa havere la vittoria in le mani, che più raro, {et} di maggio grido lo scieglie, come sicura, che, ò gli avversarij mossi dall'autorità di lui, e dal gran suo sapere cedino alla contesa, ò pure che volendo anco altercare, per la fin restino vinti, {et} oppressi dalla molta eloquenza.37 Le dediche di Tullia d'Aragona potrebbero quasi essere definite dedicatorie esemplari, quasi fossero state scritte seguendo puntualmente un elenco contenente tutti i parametri necessari alla stesura dei testi di dedica. Manca tuttavia la richiesta esplicita di protezione. Ma questa assenza è forse riconducibile al fatto che la poetessa aveva già ricevuto una protezione − anche se non è equivalente a quella rivolta all'opera −, dal momento che era stata esentata dall'obbligo di portare il velo giallo proprio delle cortigiane. Nell'ottobre del 1547 Cosimo de' Medici aveva infatti promulgato una legge che imponeva a queste ultime di «avere in capo o velo o altra cosa simile con un segno giallo, così visibile da distinguerle dalle donne dabbene e di onesta vita».38 La poetessa, che ha già ricevuto la dispensa, non richiede altro. In compenso le due dediche alla dedicataria Leonora di Toledo e al marito Cosimo de' Medici svolgono la funzione di lettera di ringraziamento per la dispensa ricevuta. Le lettere dedicatorie soprattutto di Laura Terracina sono più personali. Infatti la poetessa pur mantenendo in parte gli elementi consueti di una dedica, ne aggiunge altri. Le virtù del dedicatario, il marchese Giovanni Bernardino Bonifacio, per esempio sono esaltate dal rinvio a figure tratte dalla mitologia classica o dalla storia antica, a cui egli è di volta in volta assimilato: Però che s'al vostro generoso, {et} invitto core hò riguardo, uno Alcide, s'al liberale cortese animo un Nino, s'al giusto volere & largo effetto un Alessandro, se a gli avvedimenti di saggi consigli un Giano, s'all'ornato, {et} eloquente ragionare, uno Mercurio, {et} s'al dolce e soavissimo stile uno Apollo veramente vi giudico.39 L'elemento che più la distanzia da Tullia d'Aragona è la consapevolezza di una presunta fragilità e inferiorità sociale femminile: Hor ben veggio illustrissimo S. Marchese, come trascorre per lo dritto sentiero de la ragione, colui che lega la sua debole barca, per temenza de la crudel procella col saldo ferro al ben fondato scoglio; {et} tanto piu, quanto per se stessa non è atta à resistere al fiero impeto de furiosi venti.40 Nella seconda dedica al marchese − premessa all'opera nella prima edizione e qui ripresa − Laura Terracina va oltre, con un velato rimprovero agli uomini. La poetessa sembra quasi dire che un'opera scritta da una donna può «comparere ne i giudicij de gli huomini» solo se c'è la presenza, in un modo o l'altro, di un nome importante.41 Questo testo permette anche di avere una visione critica e 'di prima mano' della società e dell'ambiente letterario di quegli anni, inclusa all'interno di un discorso che prima rispetta le caratteristiche di una dedica. In queste dediche soprattutto emerge l'importanza della scelta del dedicatario, il quale deve rappresentare una protezione sia per la poetessa sia per la sua opera. Questa è richiesta anche quando l'opera è dedicata a una donna, come per esempio Le Seste Rime dedicate a Elisabetta della Rovere oppure le Rime quinte indirizzate a Erina Scanderbegh, che costituiscono le invocate protettrici contro i giudizi maligni degli uomini. La poetessa non si sottomette ai giudizi negativi nei confronti delle donne scrittrici, anzi si presenta nei propri testi come una donna forte e consapevole delle capacità letterarie femminili. Anche nella dedica scritta da Cassandra Stampa e premessa alle Rime della sorella Gaspara, emergono alcune informazioni sull'ambiente sociale frequentato da lei e dalla sorella. E si coglie bene anche il rapporto tra la dedicante e il dedicatario Giovanni Della Casa, nonché tra Gaspara e quest'ultimo. La lettera dedicatoria tra l'altro non contiene soltanto l'elogio del destinatario dell'opera, bensì anche della sorella defunta, dunque dell'autrice dell'opera offerta, che viene elogiata tramite l'evocazione del dolore causato dalla sua scomparsa: Poi che a' dio nostro Signore è piaciuto di chiamar à se, su'l fiore si può dire de gli anni suoi, la mia da me molto cara, et molto amata sorella; {et} ella partendo ha portato con esso lei tutte le mie speranze, tutte le consolationi, et la vita istessa; io ho cercato di levarmi davanti gli occhi tutte le sue cose, acciò che il vederle, et il trattarle non rinovasse l'accerbissima memoria di lei nell'animo mio, {et} per consequente non rinfrescasse la piaga de' molti dolori, havendo perduto una così savia, e così valorosa sorella.42 Nonostante vengano lodati sia il dedicatario sia la sorella, Cassandra riesce a tenere separate le due lodi, dando la giusta misura a quella rivolta al dedicatario dell'opera. Cassandra conclude la dedica con la richiesta di accettare «questi pochi frutti dell'ingegno della disideratissima sorella», la quale sarà contenta che «sotto l'ombra del suo [Giovanni Della Casa] celebratissimo nome si riposi anco la penna, lo studio, l'arte e gli amorosi, e ferventi disiderij di una Donna con tante altre divinissime fatiche de i più alti et esquisiti spirti dell'età nostra».43 In questa parte della dedica è interessante notare un innalzamento quasi equivalente del dedicatario e della sorella, mantenuti comunque distanti perché non sono mai nominati contemporaneamente. Una presentazione della sfera privata è presente anche nella seconda dedica, sempre premessa alle Rime, di Gaspara Stampa al conte Collalto di Collaltino, in cui racconta, in modo circoscritto, la loro storia d'amore, dando anche un'idea di come è stata vissuta da lei. La poetessa non nasconde i suoi sentimenti e le sofferenze subite a causa del dedicatario: Poi che le mie pene amorose, che per amor di V. S. porto scritte in diverse lettere {et} rime, non han possuto una per una, non pur far pietosa V. S. verso di me, ma farla ne anco cortese di scrivermi una parola. Io mi son rissoluta di ragunarle tutte in questo libro, per vedere se tutte insieme lo potranno fare. Qui dunque V. S. vedrà non il pelago delle passioni, delle lagrime, et de' tormenti miei, perche è mar senza fondo; ma un picciolo ruscello solo di esse; nè pensi V. S. ch'io habbia ciò fatto, per farla conoscente della sua crudeltà, perche crudeltà non si può dire dove non è obligo, nè per contristarnela; ma per farla più tosto conoscente della sua grandezza, {et} allegrarla. Perche vedendo esser' usciti dalla durezza vostra, verso di me questi frutti congeturerà, quali saranno quelli, che usciranno dalla sua pietà, se averrà mai, che i cieli me la faccino pietosa, ò obietto nobile, ò obietto chiaro, ò obietto divino, poi che tormentando ancora giovi, et fai frutto. Legga V. S. dunque quando haverà triegua dalle sue maggiori, e più care cure, le note delle cure amorose, et gravi della sua fidissima, et infelicissima Anassilla; et da questa ombra prenda argomento quali ella le debba provare et sentir nell'animo, che certo se accaderà giamai, che la mia povera et mesta casa sia fatta degna del ricevere il suo grande hoste, che è V. S. io son sicura, che i letti, le camere, le sale, et tutto racconteranno i lamenti, i singulti, i sospiri, et le lagrime, che giorno, {et} notte ho sparse, chiamando il nome di V. S. benedicendo però sempre nel mezo de' miei maggior tormenti i cieli et la mia buona sorte della cagion d'essi.44 È interessante notare che l'elogio del dedicatario non è esuberante, come se la poetessa in questo modo volesse manifestare la sofferenza da lui causata. La presenza di questo sentimento privato qui e nella dedica di Cassandra Stampa le rende diverse dalle altre. In parte simile a quella di Laura Terracina sono le dediche di Laura Battiferri. La poetessa mostra di voler difendere la sua posizione di autrice manifestando il timore che Il primo libro dell'opere toscane venga pubblicato da altri, dal momento che alcuni componimenti erano già in circolazione. Nella dedica alla duchessa Eleonora di Toledo la poetessa scrive: Io pensava ad ogn'altra cosa piu Illustrissima, {et} Eccellentissima Signora Duchessa, che à dover fare in questi tempi alcuno stampare de' componimenti miei, ma havendo io da persone degne di fede per cosa certissima inteso, che alcuni havendone gia buona quantità ragunati, e cercando tutta via di ragunarne de gli altri, volevano senza non dico licenza, ma saputa mia publicargli, mi commossi non poco, e non sappiendo altro, che farmi mi risolvei per minor male, con licenza di mio Marito, e consiglio di piu Amici di dargli alla stampa io medesima.45 Nella seconda dedica scritta dalla poetessa, premessa all'opera I sette salmi penitentiali del santissimo profeta Davit del 1564, si registra un cambiamento di tono e di contenuto. Qui la poetessa usa lo spazio della lettera dedicatoria per giustificare la scelta di abbandonare il mondo della poesia per quello della spiritualità. A questo tema dedica tanto spazio che all'elogio della dedicataria, Vittoria Farnese della Rovere, vengono destinate poche parole: Ben'è vero che, se il signore Iddio, per essere nata questa mia fatica da un puro, {et} sincero volere, mi facesse mai degna, che un'anima tanto chiara, {et} purgata, quanto è quella dell'Eccellenza Vostra Illustrissima ne prendesse in qualche parte consolatione, {et} allegrezza, per ciò doppio me ne verebbe contento, poco curando di quello, che ad altrui ne paresse.46 Sembra quasi che la destinataria venga messa in secondo piano. Quest'ultima dedica comunque dà prova della capacità di adeguare lo stile della lingua al contenuto. Le dediche di Laura Battiferri rappresentano quasi un luogo in cui la poetessa può esprimere ciò che non è manifestato all'interno dell'opera. La dedica appare così come una lettera di giustificazione o di spiegazione: Io sarò forse Illustrissima, {et} Eccellentissima Signora ripresa da tutti quegli, i quali per avventura sapranno come io, che per lo piu sempre ho atteso all'humane lettere, sia hora stata ardita di tradurre i salmi penitentiali di Davit tanto divini, {et} misteriosi, senz'altra cognitione havere delle sagre scritture, {et} tanto piu havendo questi l'autorità del beato Girolamo, che si vede biasimare ciascuno che partitosi da simili studi bassi, {et} frali, osi di presente trattare gli alti, ed eterni. Ma perche non dovrò io essere se non lodata certo scusata, se io non volendo far piu lunga dimora co' Poeti, e co' Filosofi [...] habbia voluto cominciare, con sincerità di cuore, a chiedere gratia al signore iddio con le istesse preghiere del santissimo Poeta Ebreo? Perche esso m'ingombri dell'ardente suo spirito, accioche mediante quello io sia fatta degna di trattare le sue divine scienze, {et} possa esercitarmi nella sua santa parola.47 Le dediche presenti nelle due opere di Modesta Pozzo rappresentano un caso speciale: nella prima opera abbiamo due dediche in versi, nella seconda la dedicatoria è firmata dalla figlia Cecilia. Nelle due dediche premesse ai Tredici canti del Floridoro del 1581 la poetessa riesce a integrare all'interno di un sonetto gli elementi principali della pratica dedicatoria: l'elogio del dedicatario, la scelta di quest'ultimo, la richiesta di accettazione e di protezione. Ciò vale sia per il sonetto rivolto a Francesco I de' Medici sia per quello indirizzato a Bianca Capello.
  AL SERENISSIMO
DON FRANCESCO DE MEDICI
GRAN DUCA DI THOSCANA.

MODERATA FONTE.


Folta, frondosa, e verdeggiante selva,
Di sacri honor, non di Cipressi, ò Palme,
Produce il suol de le tue belle, ed Alme
Virtù, l'à ve ogni stil vago s'inselva.
In lei non s'ode aspra feroce belva
Fremir, ma dolce suon di ben nate alme,
Che porta (ò gran Signor) tuoi pregi, e palme
Di Cittade in Città, di Selva in Selva.
Io, che d'entrar fra li sentier diversi,
E frà l'immense vie bramo, {et} ardisco,
Per quale hor deggio incaminar miei versi?
Scoprirai li tuoi merti? o'l valor prisco
De gli avi illustri? ò pur n'andran dispersi?
MA gloria è porsi ad onorato risco.
ALLA SERENISS. SIG.
BIANCA CAPPELLO DE MEDICI
GRAN DUCHESSA DI THOSCANA.

MODERATA FONTE.


PIoggia di gratie in te perpetue piova,
Celeste Donna, onde tal luce abbonda;
Viva ogn'hor la tua gloria alma, e gioconda
Co'l Ciel (non pur con la Fenice) à prova.
I preclari intelletti illustre, e nova
Tessino Istoria in lingua atta, e feconda,
Ch'al tuo merto, al tuo pregio corrisponda,
Al gran lume, al gran ben, ch'in tè si trova.
Te scelta il fior de gli almi Heroi già scelse,
Che d'amor vero, e di regal corona
Il tuo cor cinse, e le tue belle chioma.
Ed io scelgo tue lodi alme, ed eccelse;
Né maggiore hor desio l'alma mi sprona,
Che di por frà miei versi il tuo bel nome.48
Con la dedica premessa dalla figlia Cecilia all'opera Il merito delle donne del 1600 torniamo a una dedica che contiene altri elementi interessanti, non appartenenti propriamente al genere dedicatorio, ma comunque a esso collegati. Nella lettera dedicatoria Cecilia integra una breve parte di biografia della madre, nella quale spiega il motivo per cui l'opera non è stata pubblicata dall'autrice stessa. Ma l'elemento più interessante è di nuovo l'indicazione di un ambiente in cui gli uomini giudicano negativamente la presenza di una donna scrittrice. Questo discorso viene fatto all'interno della presentazione del tema dell'opera, che vuole mostrare la dignità delle donne e quanto siano più perfette degli uomini: Così hora nel dar fuori la presente operina, ove si tratta l'Eccellenza, {et} li gran meriti delle Donne, {et} si discopre, che sieno elle veramente, {et} con ragione degne assai più de gli huomini: sapendosi quanto haveranno questi a male un tal concetto; egli è ben giusto destinare à sua difesa Donna tale, al cui sol cenno si sgomentino questi detrattori, {et} nimici della Donnesca virtù, {et} non ardiscano far parola in contrario.49 Un concetto che, come prevede già la dedicante, sarà criticato dai letterati di sesso maschile. Nel contempo, e come nel caso di Laura Terracina, si manifesta la coscienza di una pretesa inferiorità femminile a cui la dedicante si oppone offrendo l'opera della madre a una donna, Livia Feltria della Rovere. Anche Maddalena Acciaiuoli offre la sua opera le Rime toscane del 1560 a una donna, Cristina di Lorena. Come dichiara nella dedica, la poetessa ha scelto esplicitamente una donna perché, oltre a occupare la carica di duchessa di Toscana, può essere una figura rappresentativa per tutte le donne: stimando manco errore ardir troppo audacemente: che ritenuta dal timore restar di pagarle, per quanto per me si può, quel debito, che l'alto valor suo, e la grandezza del sangue regale, ond'ella discende, quasi per tributo ricchieggono da tutto il Mondo. e maggiormente dalle Donne, per esser V. A. S. quella vera luce, che col suo gran lume rende chiarissimo, e lucidissimo il pregio nostro. La supplico adunque, che non isdegni l'humile ardimento mio, {et} i frutti suoi, che sono queste poche rime Toscane da mè composte per lei. ne la ritenga la bassezza loro; che ancora il grande Dio, al quale ella cerca d'assimigliarsi, gradisce più de gli esteriori segni, il puro affetto de l'animo. il quale insieme con le mie compositioni le consacro. gradiscalo come suole. onde guidata dal suo favore possa tornare à dare al Mondo segni più chiari de l'humile osservanza mia verso V. A. S. alla quale pregando dall'altissimo, e potentissimo Dio quanto di bene si può desiderare.50 Se Cristina di Lorena, grazie alla sua posizione, è accettata come donna di potere, l'offerta rivolta a lei può agevolare l'approvazione della società sulle donne scrittrici. Anche se non in modo esplicito, la poetessa lascia intendere la sua consapevolezza che è difficile per una donna essere accettata come letterata. Un po' diverso è il caso della poetessa Lucrezia Marinella. Dalla lettura delle due dediche sembra trasparire l'immagine di una scrittrice partecipe dell'ambiente culturale e, come tale, accettata. Nella prima lettera dedicatoria, premessa all'opera La colomba sacra del 1595, la poetessa esprime il desiderio che la sua opera non venga soltanto presa in considerazione, bensì anche ammirata. Marinella decide dunque di dedicare l'opera a Margherita Gonzaga in Este, duchessa di Ferrara: Havendo io ridotto in ottava rima Serenissima Signora il felice Martirio di COLOMBA Santa, una della Vergini piu care à Christo. Et desiderando, che questa opera non solamente sia riguardata, ma etiandio ammirata dal Mondo. Cosa impossibile per il rozzo, {et} basso stile de versi miei mi è caduto nell'animo per ottener questo mio desiderio di dedicarla, {et} consacrarla à Vostra Altezza Serenissima: onde io spero di conseguire il desiderato fine mediante il nome di lei tanto famoso, {et} rimbombante per tutte le parti dell'universo.51 Come già Laura Terracina anche Marinella esprime in modo assolutamente chiaro che per essere ammirata e accettata dagli altri letterati deve dedicare la sua opera a una persona influente, dichiarando così in maniera esplicita quella che è una delle principali funzioni di un dedicatario. Nella seconda dedica premessa a La nobiltà et l'eccellenza delle donne del 1601 la poetessa dice di indirizzare l'opera a Lucio Scarano per ricambiare un'alta lode ricevuta da costui:52 SE colui vien riputato, {et} tenuto da ogn'uno ingrato, {et} discortese, che havendo ricevuto da alcuno qualche segno di honore, non li rende contraccambio, overo almeno con infinite, {et} innumerabili gratie non si scusa della sua impotenza. Sarò io senza alcun dubbio in fin' hora stata per l'ingratitudine degna di riprensione, già che da Vostra Signoria Eccellentissima in una sua Lettione fatta nella Libraria della Serenissima Signoria di Venetia fui con le sue lodi inalzata in fino al Cielo nelle cose di Poesia.53 Va notato in quest'ultimo caso l'opera offerta a un uomo tratta il discorso della nobiltà e dell'eccellenza delle donne, nel quale viene dimostrata l'imperfezione dell'uomo. Con questo gesto la poetessa ha voluto probabilmente dare prova della legittimità delle lodi ricevute dal dedicatario, oppure ha voluto semplicemente mostrare che ci sono anche uomini che difendono le donne letterate, accettando persino un'opera che dichiara appunto le loro stesse imperfezioni. La coerenza tra opera e tipo di dedica presente in Lucrezia Marinella, si manifesta anche per Il merito delle donne di Moderata Pozzo nella dedica scritta dalla figlia. Le due dedicanti hanno cercato di creare una dedica coerente con i trattati sulle donne in risposta alla crescente misoginia della seconda metà del Cinquecento, sottolineando così ulteriormente la loro posizione all'interno della cultura letteraria cinquecentesca.
Tra le dediche analizzate si registra una grande presenza di donne dedicatarie che occupano una posizione chiave nello scacchiere politico. Con questa scelta le poetesse non sostengono soltanto il genere femminile, ma sottolineano ulteriormente la posizione della dedicataria, che non si limita a una funzione pubblica e politica, ma si estende indirettamente anche all'ambiente letterario. Dal momento che le donne presenti nell'ambito politico sono accettate dalla società, le scrittrici sperano che ciò si rifletta anche su di loro, tramite la loro accettazione e approvazione. L'analisi delle lettere dedicatorie femminili ha permesso da una parte di mettere in risalto la presenza degli elementi consueti della dedica, dall'altra di cogliere quei caratteri peculiari che la distinguono. Ciò consente di affermare che nelle dediche delle poetesse è riconoscibile una tipologia femminile di dedica, che va ben oltre i topoi canonici. Naturalmente si tratta di un risultato parziale e come tale è valido soltanto per le dediche prese in considerazione, da cui si potrà partire per ulteriori studi sulle dediche femminili nel Cinquecento, in cui i risultati ottenuti nella presente ricerca, potrebbero venire confermati o persino ampliati. In un secondo momento, sarebbe interessante confrontare le dediche scritte dagli uomini con quelle scritte dalle donne. Da uno studio di questo tipo, come ha dimostrato parzialmente anche questa ricerca, potranno emergere non soltanto le differenze interne al genere delle dediche, ma anche alcuni dati interessanti sulla prassi letteraria italiana del Cinquecento.

L. N.






Note

* Il presente saggio riprende parzialmente osservazioni contenute nella mia tesi di licenza Ai margini della letteratura femminile. Dediche di poetesse del Cinquecento nel Fondo Ferri, relatrice Prof. M. A. Terzoli, correlatrice Dr. M. Bianco, discussa all'Università di Basilea nel 2008.torna su
1 Cfr. C. Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1999 (1967), p. 238.torna su
2 Per la distinzione fra donna "oggetto" e "soggetto" si veda l'Introduzione di M. Zancan, in Nel cerchio della luna. Figure di donna in alcuni testi del XVI secolo, a cura della stessa, Venezia, Marsilio, 1983, p. 7.torna su
3 Cfr. M. Zancan, La donna, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, vol. v, Le Questioni, Torino, Einaudi, 1986, pp. 765-827, in particolare p. 791.torna su
4 Ivi, p. 792.torna su
5 B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, a cura di W. Barberis, Torino, Einaudi, 1998, in particolare pp. 267-68 (terzo libro).torna su
6 Cfr. M. Zancan, La donna e il cerchio nel 'Cortegiano' di B. Castiglione. Le funzioni del femminile nell'immagine di corte, in Nel cerchio della luna cit., pp. 13-56, in particolare p. 28. Il corsivo è dell'autrice.torna su
7 Cfr. D. Frigo, Dal caos all'ordine: sulla questione del "prender moglie" nella trattatistica del sedicesimo secolo, in Nel cerchio della luna cit., p. 57.torna su
8 L. B. Alberti, I libri della famiglia, in Id., Opere Volgari, a cura di C. Grayson, Bari, Laterza, vol. i, 1960, pp. 3-341, in particolare p. 111.torna su
9 Per altre opere di trattatistica sulla donna nel Cinquecento si vedano le Appendici (I, II) di Nel cerchio della luna cit., pp. 237-53.torna su
10 Cfr. M. Zancan, Il doppio itinerario della scrittura. La donna nella tradizione letteraria italiana, Torino, Einaudi, 1998, p. 36. Un elenco di scrittori che, come Lodovico Dolce, hanno scritto trattati su questo tema, è fornito alle pp. 35-36.torna su
11 Cfr. Dialogo della institution delle donne di Messer Lodovico Dolce, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari e fratelli, 1553, c. 19rv.torna su
12 Cfr. Zancan, La donna cit., p. 789.torna su
13 Cfr. Ead., Il doppio itinerario della scrittura cit., p. 48.torna su
14 Cfr. Ead., La donna cit., p. 809.torna su
15 Cfr. A. Chemello, La donna, il modello, l'immaginario: Moderata Fonte e Lucrezia Marinella, in Nel cerchio della luna cit., p. 104.torna su
16 Cfr. Zancan, La donna cit., p. 809.torna su
17 Cfr. Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana cit., p. 238.torna su
18 Cfr. Zancan, La donna cit., p. 809.torna su
19 Ibid.torna su
20 Cfr. Zancan, La donna cit., p. 800.torna su
21 T. Tasso, Prose, a cura di E. Mazzali, Milano, Ricciardi, 1959, p. 93.torna su
22 Cfr. http://www.padovanet.it/allegati/C_1_Allegati_3204_Allegato.pdf. La Biblioteca Femminile si trova tutt'ora alla Biblioteca Civica di Padova. Ringrazio Monica Bianco per avermi indicato questo fondo ricco di preziosi materiali come anche il direttore Dr. Davide Banzato, la dirigente bibliotecaria Dr. Gilda Mantovani, e i collaboratori della Biblioteca Civica di Padova per la grande disponibilità nei miei confronti.torna su
23 Cfr. F. Cosmai, La Biblioteca Femminile Italiana di Pietro Leopoldo Ferri, in «Terra d'Este», xiii, 2003, 26, p. 71.torna su
24 Ivi, pp. 71-72.torna su
25 Biblioteca femminile italiana raccolta posseduta e descritta dal conte Pietro Leopoldo Ferri padovano, Padova, Crescini, 1842.torna su
26 Cfr. Biblioteca femminile cit., pp. 1-2 nn.torna su
27 Cfr. Cosmai, La Biblioteca Femminile Italiana cit., p. 79.torna su
28 Ivi, p. 80.torna su
29 Cfr. il sito I margini del libro e la banca dati AIDI all'indirizzo: http://www.margini.unibas.ch. A questo progetto è legato il convegno, tenutosi a Basilea nel 2002, I margini del libro. Indagine teorica e storica sui testi di dedica, Atti del Convegno di Basilea (21-23 novembre 2002), a cura di M. A. Terzoli, Roma-Padova, Antenore, 2004. Per una descrizione dei caratteri tipologici delle dediche di Antico Regime, si veda M. A. Terzoli, I testi di dedica tra secondo Settecento e primo Ottocento: metamorfosi di un genere, in Dénouement des lumières et invention romantique, Actes du colloque de Genève, 24-25 novembre 2000, Réunis par G. Bardazzi et A. Grosrichard, Genève, Droz, 2003, pp. 161-92. Sulle dediche del Cinquecento, si veda M. A. Terzoli, Le dediche nei libri di poesia del Cinquecento italiano, in Il poeta e il suo pubblico. Lettura e commento dei testi lirici nel Cinquecento, Convegno internazionale di Studi, Ginevra 15-17 maggio 2008, a cura di M. Danzi e R. Leporatti. Genève, Droz, 2009 (in corso di stampa).torna su
30 RIME DELLA / SIGNORA TULLIA / DI ARAGONA; ET / DI DIVERSI / A LEI. / CON PRIVILEGIO. / IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL / GIOLITO DE FERRARI. / MDXLVII (cfr. la trascrizione in AIDI, www.margini.unibas.ch, scheda redatta da chi scrive, rr. 1-16; se non indicato diversamente, tutte le schede citate sono redatte da chi scrive).torna su
31 IL / MERITO DELLE / DONNE, / Scritto / DA MODERATA FONTE / In due giornate. / Ove chiaramente si scuopre quanto siano elle degne, / e più perfette de gli huomini. / CON PRIVILEGIO. / IN VENETIA, M. D C. / Presso Domenico Imberti (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 27-33).torna su
32 LE SESTE RIME DELLA SIGNORA / LAURA TERRACCINA DI NAPOLI. / nuovamente stampate. / IN LUCCA APPRESSO VINCENZO BUSDRAGHO / M D L V I I I (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 8-21).torna su
33 DIALOGO / DELLA SIGNORA / TULLIA D'ARAGONA / DELLA INFINITÀ / DI AMORE. / Con Gratia {et} Privilegio. / In Vinegia Appresso Gabriel / Giolito de Ferrari / MDXLVII (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 17-19).torna su
34 IL PRIMO LIBRO / DELL'OPERE TOSCANE / DI M. LAURA BATTIFERRA / DEGLI AMMANNATI, / Alla Illustrissima, ed Eccellentissima Signora, / la Signora Duchessa di Fiorenza / e di Siena. / CON PRIVILEGIO. / IN FIRENZE APPRESSO I GIUNTI / M D L X (cfr. la trascrizione in AIDI cit., vv. 12-14).torna su
35 RIME / TOSCANE / DELLA MADDALENA / ACCIAIOLI, / Gentildonna Fiorentina. / IN LODE / DELLA SERENISSIMA SIGNORA / CRISTINA DI LORENO / GRAN DUCHESSA DI TOSCANA. / Stampata in FIRENZE, Con licenzia de' Superiori / Per Francesco Tosi. M D X C (cfr. la trascrizione in AIDI cit., vv. 9-11, 19).torna su
36 DISCORSO / SOPRA TUTTI I / PRIMI CANTI D'ORLANDO / FURIOSO. / FATTO PER LA S. LAURA / TERRACINA: DETTA NELL'ACA / DEMIA DEGL'INCOGNITI, / FEBBEA. / DA LA MEDESIMA RIVEDUTI, / DI NUOVO CON DILIGENZA RI= / STAMPATI ET CORRETTI. / CON PRIVILEGIO. / IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL / GIOLITO DE FERRARI / E FRATELLI. / M D L (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 6-14).torna su
37 Cfr. la trascrizione della dedica in Il merito delle donne in AIDI cit., rr. 1-6.torna su
38 Cfr. S. Bongi, Annali di Gabriel Giolito de' Ferrari da Trino di Monferrato, Lucca, Giusti, vol. i, 1890, p. 183.torna su
39 Cfr. la trascrizione della seconda dedica in Discorso sopra tutti i primi canti d'Orlando Furioso in AIDI cit., rr. 20-24.torna su
40 Cfr. la trascrizione della prima dedica in AIDI cit., rr. 1-4.torna su
41 Cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 25-8.torna su
42 RIME DI MA= / DONNA GASPARA / STAMPA. / CON GRATIA ET / PRIVILEGIO. / In Venetia, per Plinio Pietrasanta. / M. D. L. I I I I (cfr. la trascrizione della prima dedica in AIDI cit., rr. 1-7).torna su
43 Ibid., rr. 42-45.torna su
44 Cfr. la trascrizione della seconda dedica, quella di Gaspara Stampa al conte Collalto di Collaltino, in AIDI cit., rr. 1-22.torna su
45 Cfr. la trascrizione in Il primo libro dell'opere toscane in AIDI cit., rr. 1-8.torna su
46 I SETTE SALMI / PENITENTIALI / DEL SANTISSIMO / Profeta Davit. / Tradotti in lingua Toscana, da Madonna / LAURA BATTIFERRA / DEGLI AMMANNATI / Con gli argomenti sopra ciascuno di essi, composti / dalla Medesima; insieme con alcuni / suoi Sonetti spirituali. / CON PRIVILEGIO. / IN FIORENZA / Appresso i Giunti M D L X I I I I (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 27-32).torna su
47 Ibid., rr. 1-14.torna su
48 TREDICI CANTI / DEL FLORIDORO, / Di Mad. Moderata Fonte. / ALLI SERENISS. GRAN DUCE, ET / GRAN DUCHESSA DI THOSCANA. / CON PRIVILEGIO. / IN VENEZIA, M. D. LXXXI. (cfr. le due trascrizioni in AIDI cit.).torna su
49 Cfr. la trascrizione della dedica in Il merito delle donne in AIDI cit., rr. 6-12.torna su
50 Cfr. la trascrizione della dedica nelle Rime toscane in AIDI cit., rr. 6-19.torna su
51 LA COLOMBA / SACRA / POEMA HEROICO / DI LUCRETIA MARINELLI. / ALLA SERENISSIMA SIG.RA / DUCHESSA DI FERRARA / MADAMA MARGARITA / ESTENSE GONZAGA. / CON PRIVILEGIO. / IN VENETIA, M. D. XCV. / Appresso Gio. Battista Ciotti Senese, al segno della Minerva. (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 1-8).torna su
52 Lucio Scarano (Brindisi, 1540 - Venezia, ca. 1610), letterato, poeta, filosofo e pubblico professore a Venezia di umane lettere, fu tra i fondatori della seconda Accedemia Veneziana nel 1593.torna su
53 LA NOBILTA, / ET L'ECCELLENZA / DELLE DONNE, / CO' DIFFETTI, / ET MANCAMENTI / De gli Huomini. / DISCORSO DI LUCRETIA MARINELLA, / IN DUE PARTI DIVISO. / NELLA prima si manifesta la nobiltà delle Donne co' forti ragioni, / {et} infiniti essempi, {et} non solo si distrugge l'opinione del Boccac- / cio, d'amendue i Tassi, dello Sperone, di Monsig. di Namur, {et} del / Passi, ma d'Aristotile il grande anchora. / Nella seconda si conferma co' vere ragioni, {et} co' varij essempi da / innumerabili Historici antichi, {et} moderni tratti, Che i Diffetti de / gli huomini trapassano di gran lunga que' delle Donne. / Ricorretto, {et} Accresciuto in questa seconda Impressione. / CON PRIVILEGIO, ET LICENZA DE' SUPERIORI. / IN VENETIA, M. DCI. / Appresso Gio. Battista Ciotti Sanese, All'Insegna dell'Aurora. (cfr. la trascrizione in AIDI cit., rr. 1-7).torna su