1, 2007 | ||
Saggi |
Abstract |
Guido Pedrojetta
Dai margini al centro: la poetica barocca
(ancora sulla Fischiata XXXIII di Giovan Battista Marino)
Il senso primo dell'argomento evocato nelle righe che seguono è insito nel titolo stesso che la presente rivista ha voluto darsi: esso trae infatti pertinenza dalla necessità di spostare da un lato della cornice al centro del quadro il dibattito nutrito indiziariamente dalla citazione di un celebre verso di Giovan Battista Marino («È del poeta il fin la meraviglia»), entro cui si è voluto veder compendiato il credo estetico dell'autore, se non anche concentrate le idealità di ogni poetica barocca. Diciamo subito che "margine" e "cornice" andranno qui intesi, in primo luogo, fisicamente, poiché i materiali che sostanziano quella formula famosa provengono proprio da un paratesto che accompagna un'opera presa a dileggio dal Marino. Per collocare la questione entro il contesto che le pertiene, sarà bene evocare innanzitutto i dati oggettivi essenziali di questo singolare paragrafo di storia letteraria, che ha avuto e continua ad avere strascichi importanti, anche ai nostri giorni.1 Nel 1608, Gaspare Murtola stampa a Venezia, presso Deuchino e Pulciani, La creazione del mondo, lunghissimo poema sacro in sedici canti e sette giorni, che illustra le meraviglie della natura ispirandosi, oltre che al Mondo creato del Tasso, alla famosa Sepmaine del francese Joachim Du Bartas. L'edizione è preceduta da una lettera dedicatoria di importanza capitale (ai nostri fini), su cui torneremo subito. Lo stesso anno, il Marino reagì alle goffaggini contenute nell'opera del Murtola - e forse anche ad alcune allusioni pungenti alla sua persona2 - con una serie di ottantun sonetti ferocemente sarcastici, intitolati La Murtoleide: fischiate, a cui l'interessato si affrettò a controbattere con altri caustici versi (riuniti sotto il titolo non meno polemico di La Marineide: risate che, dal 1619, andò a stampa sempre unita alla Murtoleide), prima di passare a più forti maniere: il 1 febbraio 1609, esasperato per essere stato nel frattempo allontanato dal servizio del duca, il Murtola sparò verso il Marino un'archibugiata che se non colse il bersaglio, colpì l'amico di lui, Ettore Braida, tanto da costringere l'attentatore a riparare precipitosamente nello Stato della Chiesa, per sottrarsi alla forca o alla galera. Nelle sue "fischiate" il Marino satirizza, ironizza, vitupera l'avversario, con abile spiegamento di mezzi dall'effetto quasi sempre devastante: come ogni polemista consumato, egli preleva dal testo dell'avversario temi, motivi isolati, interi versi, per piegarli a un senso ridicolo o grottesco, evidentemente diverso e non di rado contrario a quello perseguito dall'autore. Ciò vale anche per il sonetto recante la famosa 'dichiarazione di poetica', che è costruito mediante la rielaborazione della lettera dedicatoria della Creazione del mondo, nella quale si dichiara tra altro (corsivi nostri): E perché‚ in questo particolare sò, che alcuni gli hanno avuto a dire che non averiano posto nella creazione né cavoli, né bietole, né cipolle né agli, né rape, come nel canto delle erbe, e nel canto de' serpenti le zanzare, gli scorpioni le tarantole gli aragni i vermi e altre cose simili, le quali par più tosto che avviliscono la scrittura che altramente fo intender loro che questo è stato il suo fine, e che pretende da queste far nascer la meraviglia maggiore e dinotar maggiormente la Provvidenza di Dio. Fine e meraviglia, parole-cardine del verso eletto ad etichetta dell'estetica barocca, provengono dunque dai margini del libro del Murtola: è un'origine significativa, e per la posizione, e per la natura del testo d'origine, il cui senso primo non può dunque essere ascritto all'autore dell'Adone. Anche la menzione di vegetali e animali trova un riscontro puntuale entro il poema del Murtola, compresi i cavoli e carciofi sui quali Marino non esiterà a fischiare: «Da la terra spuntar tenero fuore / fu lo spinace oscuro indi veduto. / Di perle accolse il rugiadoso umore / fra le sue crespe il cavolo fronzuto. / Altri torzo divenne et altri fiore / altri ebbe il torzo rigido e gambuto, / altri picciolo e vago, altri ritondo / inviluppato di sue foglie un mondo» (Creazione, c. III, g. III, o. 22, p. 229); «Con la sua punta tenera odorata / lo sparace si vide altero alzarsi, / polpa nel torzo aver più delicata / e di rigide spine il cardo armarsi, / di chioma più profonda e più puntuta / il barbuto carciofo incoronarsi, / con teste grosse avanti e pie' sottili / cader da i muri i cappari gentili» (c. VIII, g. III, o. 29, p. 231).3 Manco a dirlo, nella Creazione del mondo le occorrenze di meraviglia dilagano sin dagli "argomenti" posti in capo ai canti: Del fulmine sue meraviglie (c. II); I laghi e lor maraviglie (c. III); Cesi e maraviglie delli condotti di vento (c. V); Lo cristallo e maraviglia degli specchi (c. VI); Il lino e sue meraviglie (c. VIII); La pupilla e sue meraviglie (c. XIV). In un caso, l'esigenza di variatio porta ad adottare la forma sinonima stupore (c. X: La torpedine e suo stupore), che il Marino declinerà nel detto aforistico chi non sa far stupir vada alla striglia. Si dà pure combinazione ravvicinata di meraviglia con stupore (come puntualmente nel Marino), in almeno un passo della Creazione: «Meraviglia signor ben era e tale / da far l'uomo stupir, e la natura / aver creato a ciaschedun mortale / veneno, il suo rimedio e la sua cura.... / Ma meraviglia bene assai maggiore...» (c. XIII, g. V, oo. 45-46, pp. 420-21). La fisionomia sentenziosa della formula mariniana spinge a indagare anche in direzione metrica, per vedere se il Murtola abbia potuto offrire, o meno, le parole-rima legate a meraviglia : ciglia e striglia. Diciamo subito che, lungo il poema, il lemma è sempre e soltanto in rima con vermiglia; in almeno tre casi, tuttavia (uno tutto al plurale), anche con ciglia, parola puntualmente ripresa dal Marino: meraviglie : ciglie : vermiglie (g. II, c. II, o. 83); vermiglia : meraviglia : ciglia (g. III, c. IV, o. 32); vermiglia : ciglia : meraviglia (g. V, c. VI, o. 2); meraviglia : ciglia : vermiglia (g. VI, c. XV, o. 51). Manca invece striglia. Si noti ancora (del resto, sarebbe strano se così non fosse) che le combinazioni meraviglia : ciglia sono frequenti in Dante (4 casi su 14: 9) e Petrarca (3 casi su 4: 4).4 Stupore e inarcar le ciglia, correlati, provengono invece da un gioco intrecciato con Ariosto, come si sa dalla fischiata xxxviii: «quando il tuo libro in man Murtola io piglio / e in leggerlo mi spolpo, e mi disosso / bisogna, ch'io stupisco, e far non posso / ch'el cul non stringa, e non inarch'il ciglio», per cui si veda Ariosto, OF X 4 7-8: «Io vi vo' dire, e far di maraviglia / Stringer le labra et inarcar le ciglia». Ecco ora il testo mariniano nella sua integralità:
Vuo' dar una mentita per la gola a qualunque uom ardisca d'affermare che il Murtola non sa ben poetare, e ch'ha bisogno di tornar a scuola. |
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E mi viene una stizza mariola quando sento ch'alcun lo vuol biasmare; perché‚ nessuno fa meravigliare come fa egli in ogni sua parola. |
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È del poeta il fin la meraviglia (parlo de l'eccellente, non del goffo): chi non sa far stupir, vada a la striglia. |
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Io mai non leggo il cavolo e 'l carcioffo, che non inarchi per stupor le ciglia, com'esser possa un uom tanto gaglioffo. |
G. P.
Note
1 Proprio per questo, non ci sembra inutile riprendere l'argomento, a cui avevamo dedicato attenzione in anni già lontani cfr. G. Pedrojetta, Marino e la meraviglia, in Interpretazione e meraviglia, XIV Colloquio sulla interpretazione, a cura di G. Galli, Pisa, Giardini, 1994, pp. 95-105.
2 C. X g. V: «il vecchio Marino addormentato»; e soprattutto, o. 24: «l'empio caval Marino».
3 Su queste due verdure esiste un'altra divertente fischiata mariniana, Le erbette del Murtola (Fischiata XXXVI): «Onor de l'insalata inclite, erbette / rose, borace, cavoli fronzuti, / lupin, popponi, baccelli gusciuti, / finocchi forti / ed acetose agrette, // rustiche e grosse rape, alme zucchette, / porri ritorti, carcioffi barbuti, / agli spicchiuti, torti e ben gambuti, / e carotte vermiglie e ritondette, // tartuffi incitativi e signorili, / radici lunghe, bianche e tenerelle, / spinacci oscuri e cappari gentili, // melon a volta, malve e mercorelle, / ceci, baccelli, e voi cicerchie umìli,/ e tremule e crinite pimpinelle, // voi, saporite e belle, / mente, scalogne, cipolle scorzute, / voi crespe indivie e lattughe costute // e voi zucche panciute / tessete voi la laurea trionfale / onde si faccia il Murtola immortale».
4 Verifica agevolmente condotta su concordanze dotate anche di rimario: cfr. Concordanza della 'Commedia' di Dante Alighieri, a cura di L. Lovera, R. Bettarini, A. Mazzarillo, Torino Einaudi, 1975; Concordanza delle 'Rime' di Francesco Petrarca, compilata da K. Mc Kenzie, Oxford, Nella Stamperia dell'Università, 1912. Un'interessante rete di rinvii attorno a ciglia, maraviglia, famiglia, vermiglia, tra Dante, Monti e Manzoni, è ricostruita da Franco Gavazzeni in una delle sue mirabili note alle poesie giovanili del Manzoni: cfr. Del trionfo della libertà, in A. Manzoni, Poesie prima della conversione, a cura di F. Gavazzeni, Torino, Einaudi, 1992, p. 32.
5 P. Giovanni da Locarno, Saggio sullo stile dell'oratoria sacra nel Seicento esemplificata sul p. Emanuele Orchi, Roma 1954; con «i due versi» padre Pozzi intende «è del poeta il fin la meraviglia / e chi non sa far stupir vada alla striglia», che incorniciano la prima terzina del sonetto. A conclusioni simili giunge, diversi anni dopo, A. Franceschetti, Il concetto di meraviglia nelle poetiche della prima Arcadia, in «Lettere italiane», xxi, 1969, pp. 62-88.
6 Cfr. G. Fulco, Giovan Battista Marino, Storia della letteratura italiana, diretta da E. Malato, vol. v, La fine del Cinquecento e il Seicento, pp. 597-652 (la cit. a p. 616); vedi anche, nello stesso volume, il capitolo successivo di G. Jori, Poesia lirica marinista e antimarinista tra Classicismo e Barocco, p. 657.
7 M. Guglielminetti, Marino e i marinisti in Storia generale della letteratura italiana, diretta da N. Borsellino e W. Pedullà, vol. vi, Il secolo barocco. Arte e scienza nel Seicento, Milano, Motta, 1999, p. 127.
8 A. Manzoni, Tutte le opere, a cura di A. Chiari e F. Ghisalberti, Milano, Mondadori, 1954, vol. ii, t. i, I promessi sposi. Testo critico dell'edizione definitiva del 1840, p. 4.
9 Cfr. la recente edizione A. Manzoni, I promessi sposi, Edizione critica diretta da D. Isella, vol. i, Prima minuta (1821-23). Fermo e Lucia, t. ii a cura di B. Colli, P. Italia e G. Raboni, Milano, Casa del Manzoni, 2006, pp. 15-16. In precedenza (primissimo getto) Manzoni aveva parlato di «carattere generale d'arguzia e d'iperbole che dominava in tutta la letteratura italiana, e che consisteva in uno sforzo per trovare il meraviglioso» (p. 14); con effetti di «affettazione di finezza pensata» e di «esagerazione impetuosa» (p. 14).
10 G. Contini, Longhi prosatore, in Id., Altri esercizî (1941-1971), Torino, Einaudi, 19782 (il saggio è del 1955; la 1a ed. del 1972), p. 121.
11 U. Eco, Le forme del contenuto, Milano, Bompiani 19722 (1a ed. 1971), p. 116.
12 Anche su questo aspetto, il magistero di padre Pozzi non ha mai cessato di insistere: mi è grato ricordarlo con l'animo riconoscente del discepolo che ha avuto la fortuna di cominciare a seguire i suoi corsi, proprio negli anni in cui si stava concludendo la fatica del commento all'Adone.
13 Cfr. A. Soffici, L'arte come generatrice del meraviglioso: è uno dei Primi principi di una estetica futurista (1920), in Id., Opere, vol. i, 1959, pp. 696-97.
14 Cfr. Metrica e meraviglia, di Carlo Ossola, in G. Ungaretti, Il porto sepolto, a cura di C. Ossola, Venezia, Marsilio, 1990, pp. 23-27, in cui si parla della «nuova meraviglia» del Porto sepolto.
15 Si cita da G. Ungaretti, L'allegria, Edizione critica a cura di C. Maggi Romano, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1982, pp. 164-65.
16 Una diversa versione di Poesia (cioè un testo con quel titolo, contenente una dichiarazione di poetica) è stata fatta conoscere da Cristina Maggi Romano e Maria Antonietta Terzoli in G. Ungaretti, Poesie e prose liriche, a cura di C. M. Romano e M. A. Terzoli, Introduzione di D. De Robertis, Milano, Mondadori, 1989, p. 58: «Nello sforzo / volubile / di un sogno / si concentra / e tenta / di liberarsi / un poco / la mia / umanità // La frivola immortale / vicenda / d' un attimo / di mondo / coincisa / nella mia vita / di randagio // E ne nasce / la parola / illuminata / che si chiama / poesia».
17 Cfr. Ungaretti, Il porto sepolto cit., p. 242.
18 C. Ossola, Introduzione, in Ungaretti, Il porto sepolto cit., p. 27.
19 E. Montale, L'opera in versi, Edizione critica a cura di R. Bettarini e G. Contini, Torino, Einaudi, 1980, p. 28.
20 Siamo lontani dagli automatismi meraviglia : ciglia che ancora avevano nutrito i versi del melodramma. Cfr. G. Verdi, Un giorno di regno [su libretto di Felice Romani], I, ii: «Sire, a voi siamo intorno / Pieni di meraviglia: / In quell'auguste ciglia / L'anima bella appar».
21 Ivi, p. 66.
22 Da C. Rebora, Frammenti lirici (1913), lxix: O pioggia feroce che lavi ai selciati. La metafora della grondante striglia è motivata per l'appunto dal tema della pioggia. Cfr. C. Rebora, Le poesie (1913-1957), a cura di G. Mussini e V. Scheiwiller, Milano, Garzanti, 1988, p. 116. Per questo e per gli altri rinvii, si è rivelato di utilità determinante il Vocabolario della poesia italiana del Novecento. Le concordanze delle poesie di Govoni, Corazzini, Gozzano, Moretti, Palazzeschi, Sbarbaro, Rebora, Ungaretti, Campana, Cardarelli, Saba, Montale, Pavese, Quasimodo, Pasolini, Turoldo, di G. Savoca, Bologna, Zanichelli, 1995.
23 A. Merini, Folle, folle, folle di amore per te. Poesie per giovani innamorati, a cura di D. Gamba, Milano, Salani, 20052 (1a ed. 2002), p. 27.