16, 2022
 
Wunderkammer    
 

Maria Antonietta Terzoli

Sondaggi minimi (e personali) su Battistini lettore del moderno*



Il mio primo incontro con Andrea Battistini risale al lontano febbraio 1987, in occasione di un seminario di dottorato che allora si chiamava Troisième Cycle e a cadenza non regolare raccoglieva per alcuni giorni, in maniera felicemente informale, docenti e dottorandi delle università della Svizzera romanda: per ascoltare le conferenze di noti studiosi e presentare a turno le tesi di dottorato in preparazione. Quella volta eravamo alloggiati piuttosto spartanamente in un convento di religiose, a Pensier, un piccolo paese nella campagna friburghese. Le due lezioni tenute da Battistini, tra le più affascinanti di quella sessione, erano dedicate rispettivamente a Retorica e generi letterari e a L'autobiografia e il superego della retorica. Ancora oggi non ho dimenticato come ci impressionò la straordinaria competenza e l'impegno con cui partecipava − con domande, osservazioni, suggerimenti − alle discussioni di tutte le conferenze e di tutte le presentazioni. Io avevo da poco consegnato la tesi di dottorato e ascoltavo ammirata i suoi interventi raffinati, coltissimi, mai arroganti. Ricordo di aver detto a Guglielmo Gorni, che con Giovanni Pozzi era tra gli organizzatori delle giornate bolognesi, "Ma Battistini sa tutto". In effetti la sua sapienza e la sua capacità di approfondire e allargare ogni questione ci appariva straordinaria e ci faceva ammirare quel giovane maestro che con tanta disponibilità era disposto ad ascoltarci e a discutere con noi. Ho raccontato un piccolo aneddoto: ma forse non sarebbe dispiaciuto a lui, grande esperto di autobiografie, e che proprio a questo genere di scritture ha dedicato uno dei suoi ultimi memorabili corsi, tenuto all'Università di Basilea nel marzo del 2018, Narciso allo specchio. Aspetti e forme dell'autobiografia settecentesca (figg. 1 e 2). Percorrendo ora la sua impressionante bibliografia, che arriva quasi a ottocentocinquanta titoli, pubblicata in appendice al bel volume di studi sul Settecento, Svelare e rigenerare, curato da Andrea Cristiani e Francesco Ferretti,1 mi sono resa conto che la vasta sapienza e la generosità piena di discrezione che avevamo conosciuto in quell'occasione hanno in realtà segnato tutta la sua vita di studioso: sia nelle ricerche storiche ed erudite, sia nelle interpretazioni dei testi, sia nelle presentazioni di altri maestri, sia nelle moltissime recensioni o prefazioni a lavori altrui che fino agli ultimi anni hanno accompagnato, e certo arricchito in un ideale dialogo critico, la sua ricerca in proprio. In effetti Battistini, come pochissimi studiosi ormai, sembra aver detenuto un sapere enciclopedico, di un'estensione e di una ricchezza rarissime, nutrito di sterminate e insaziabili letture. Definirlo "italianista" come pure giustamente si fa nel titolo di queste giornate in suo onore, La retorica e le idee. Per Andrea Battistini, italianista, sarebbe in qualche modo riduttivo se non si assumesse questo termine nel senso più pieno di studioso che si occupa di testi e autori italiani distribuiti su un arco temporale molto esteso, con un'apertura metodologica disposta a rischiare oltre i limiti rassicuranti della disciplina, con interessi per tematiche e generi letterari anche lontani, indagati però sempre con sguardo fermo, educato al rigore e all'indagine dai grandi modelli, anche scientifici, dei secoli a lui più cari. Chi volesse accostarsi a Battistini lettore dell'Ottocento e del Novecento resterebbe in effetti stupito di trovare più di cento pubblicazioni dedicate a questi due secoli e ad autori a prima vista lontani dai suoi interessi dominanti. Soltanto una parte, rappresentativa anche dello straordinario impegno didattico e di altissima divulgazione a cui Battistini non si è mai sottratto, è stata raccolta nel prezioso volume Sondaggi sul Novecento (462), curato da Lorenza Gattamorta nel 2003.2 Moltissimo si trova invece disperso in riviste, volumi miscellanei, giornali. In questa instancabile attività critica si possono enucleare alcune linee di ricerca privilegiate. Oltre che su glorie bolognesi come Giosuè Carducci (564, 576, 647, 715) e soprattutto Giovanni Pascoli (443, 563, 628, 681, 700, 703, 717, 726, 729, 754, 812, 813), e su scrittori di origine romagnola come Marino Moretti (421, 707) e Renato Serra (749, 778, 789, 800, 829), l'attenzione di Battistini ottocentista e novecentista spazia dai carteggi (835, 845) alle forme dell'autobiografia novecentesca (602, 614), dalle riviste del Novecento (403, 667) al genere del romanzo (304, 397, 451, 824, 827). Questo è indagato con particolare attenzione a partire da scrittori come Italo Svevo (199, 291, 303, 640, 692), Luigi Pirandello (278, 568, 692, 753), Cesare Pavese (457, 593, 594), Primo Levi (489, 492, 765), Italo Calvino (354, 372, 440, 442, 467, 490, 513, 523, 566, 599, 752, 797), fino al contemporaneo Giuseppe Pontiggia (444, 542, 567, 690, 757). Un interesse non marginale è rivolto poi alla storia politica e civile dell'Italia, con particolare riguardo al Risorgimento, alle due guerre mondiali, al fascismo e alla Resistenza (355), indagati nelle loro manifestazioni per così dire letterarie: dallo studio della lettura profetica di Dante cara a Mazzini (423) a quello sul linguaggio letterario e insieme popolare di Gramsci (400), dall'analisi dei diari dei soldati (663) a quella degli stereotipi retorici nelle biografie di Mussolini (263), fino alle indagini sulle riviste di cultura durante il fascismo (330, 637), allo studio dell'oratoria utilizzata nei volantini della Resistenza bolognese (35, 638) e a quello di un romanzo di Renata Viganò ambientato nello stesso periodo (639, 706). Questo rapido censimento, di necessità sommario e limitato, non consente naturalmente di comprendere la sofisticata interazione che collega gli argomenti e gli approcci critici messi in opera in queste pagine, le "intersezioni" per dirla con una parola cara a Battistini, che si possono cogliere tra saggi anche in apparenza lontani. Credo dunque che valga la pena di guardare da vicino qualcuno di questi lavori, per coglierne il complesso e articolato funzionamento. Vorrei allora soffermarmi su un lavoro che purtroppo assume oggi una tragica attualità, "Documentare" ed "esprimere": la memorialistica sulla guerra.3 Il saggio, compreso come ottavo capitolo in Sondaggi sul Novecento e nato come gli altri raccolti in questo volume da lezioni tenute in varie località della Romagna tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Duemila, propone una sobria e lineare presentazione di una materia ricchissima, contraddittoria e spesso sfuggente: le scritture legate all'esperienza della guerra, quella garibaldina nell'Ottocento e le due guerre mondiali nel Novecento. Si tratta di lettere dal fronte, di diari, di resoconti giornalistici, di memorie, di romanzi autobiografici. Gli autori chiamati in causa sono sia scrittori, o futuri scrittori, che proprio su quelle pagine brucianti hanno tentano le loro prime prove, sia persone poco avvezze alla scrittura e persino scarsamente alfabetizzate. Battistini riesce a raccogliere questa materia magmatica e incandescente in un organizzato censimento, una ben ordinata Wunderkammer, dove possono coesistere gli oggetti più disparati e dissimili, raccolti però nell'ordine rigoroso di uno spazio chiuso e controllato, che li contiene e li esibisce all'attenzione dell'osservatore. La frase che apre questo saggio mi sembra esemplare nell'indicare un abito critico e una modalità di ricerca che segnano tutta la sua lunga attività di studioso, il suo interesse per i testi, indagati in quanto oggetti costituiti di parole e di retorica, ma inseriti in un contesto più ampio, di storia culturale, di storia delle idee o di storia civile e politica. Leggiamo dunque l'inizio: "I testi di memorie possono interessare sia lo storiografo, che se ne occupa come documenti di testimonianze, sia il critico letterario, cui compete soprattutto la valutazione dell'aspetto espressivo ed estetico. I due àmbiti disciplinari, naturalmente, si possono incrociare".4 E noi aggiungiamo pensando a lui: i due ambiti possono coesistere e interagire proficuamente nello stesso studioso, che proprio muovendosi sul difficile crinale che separa le discipline attinge a suggestioni critiche e illuminazioni euristiche non prevedibili. Usando le parole che nella Premessa alla splendida monografia sul Barocco del 2000 (412) Battistini applica all'ingegno, "risorsa eminentemente sintetica e aggregatrice", possiamo dire anche che una delle qualità precipue del suo lavoro consiste proprio "nel rinvenimento di nessi tra oggetti e concetti di solito ritenuti lontani tra loro".5 Ma torniamo a "Documentare" ed "esprimere". Dopo una breve descrizione dei suoi oggetti e una rapida classificazione tipologica dei generi di scrittura legati all'esperienza della guerra, Battistini passa alla presentazione di alcuni casi esemplari distribuiti secondo una scansione cronologica che è anche una scansione storica, legata al clima e alle forme dei tre periodi considerati, introdotti da titoli che annunciano sinteticamente la linea interpretativa: Gli eufemismi dei racconti garibaldini, Gli orrori della Grande Guerra, La Seconda guerra mondiale: dal diario al romanzo.6 Il secondo di questi momenti è aperto dalla citazione di una poesia del Porto Sepolto di Giuseppe Ungaretti, Veglia, scritta il 23 dicembre 1915 in zona di guerra, che descrive con crudo realismo una notte trascorsa accanto al corpo sfigurato di un compagno caduto:
  Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
(Veglia, vv. 1-7).7
Non è scontato, ma mi pare quanto mai pertinente, cominciare, come fa Battistini, da un testo in versi, che proprio perché non rientra esattamente nella categoria delle normali scritture autobiografiche, consente di cogliere la fragilità di queste distinzioni di genere letterario e anche la loro parziale inadeguatezza in situazioni di esperienze esistenziali estreme. In effetti lo stesso Ungaretti, nella nota che accompagna L'Allegria del 1931 in cui era confluito anche il Porto Sepolto, avrebbe più tardi dichiarato "Questo vecchio libro è un diario",8 assimilandolo di fatto, benché scritto in versi, a un resoconto diaristico, con la datazione puntuale di ogni poesia conservata fino all'edizione definitiva nei Meridiani Mondadori. D'altra parte proprio nel caso di Ungaretti è ben documentabile l'osmosi continua tra poesie e lettere private inviate dal fronte ai più diversi corrispondenti. In effetti nell'orrore della guerra la sopravvivenza sembra intrinsecamente legata anche alla possibilità di "documentare" ed "esprimere" quella devastante esperienza, come ricorda il suggello memorabile di questa stessa poesia − non citato nel saggio di Battistini ma implicito nell'evocazione dei versi che lo precedono − che stringe in un nesso inscindibile sopravvivenza e scrittura: "ho scritto / lettere piene d'amore" (Veglia, vv. 12-13). Nel séguito del saggio sono poi presentate con estrema chiarezza alcune delle voci più significative della prima Guerra mondiale: Antonio Baldini, corrispondente di guerra (Nostro Purgatorio, 1918), Renato Serra (Esame di coscienza di un letterato e Diario di trincea, 1915), Carlo Emilio Gadda (Giornale di guerra e di prigionia, scritto nel 1915-1919, ma pubblicato solo nel 1955), Pietro Jahier (Con me e con gli alpini, uscito nel 1919), Giani Stuparich (Guerra del '15, pubblicato nel 1931), Emilo Lussu (Un anno sull'altipiano, scritto nel 1936-1937 e uscito a Parigi nel 1938). Per la seconda Guerra mondiale l'attenzione di Battistini si concentra non tanto sulle lettere e sui diari, quanto su romanzi autobiografici come Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, L'Agnese va a morire di Renata Viganò, Uomini e no di Elio Vittorini, Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern. E il saggio si chiude epigraficamente con l'esortazione di Primo Levi a testimoniare anche per coloro che non ne hanno avuto la possibilità: "Levi, emerso miracolosamente dall'olocausto, parlava soprattutto per sé, ma il suo imperativo vale per tutta la memorialistica del Novecento, che difatti è così copiosa proprio per l'esigenza di comunicare anche per gli altri che, travolti dalla bestialità della guerra, non l'hanno potuto fare".9 Seguendo la linea delle scritture autobiografiche novecentesche, Battistini si interessa anche alla corrispondenza epistolare, in cui ritrova segnali e informazioni di prima mano, non censurate o controllate da forme espressive più elaborate. Se ne occupa proprio in due dei suoi ultimi articoli. La lingua di due innamorati in un carteggio della prima guerra mondiale (845), pubblicato sul numero XXX di "Schede umanistiche", datato 2016, ma uscito nel 2019, è addirittura l'ultima voce registrata nella Bibliografia che chiude il volume Svelare e rigenerare.10 Un altro breve ma denso intervento, La vita nei carteggi dei letterati (835), uscito nel 2018 sulla rivista "IBC" (XXVI, 3), è dedicato a un manipolo di quasi cento lettere, legate all'esperienza della "Voce" e di "Lacerba", conservate nell'archivio di Giovanni Papini depositato presso quello che fino alla fine del 2020 era l'Istituto per i Beni artistici e culturali dell'Emilia-Romagna. Anche di questo intervento vorrei citare l'inizio, perche mi sembra che esprima in modo illuminante la personalità di chi scrive, la sua fiducia nella cultura e la sua disponibilità alle relazioni umane e agli scambi intellettuali che tutti abbiamo potuto sperimentare per tanti anni, con generosità affettuosa fino ai suoi ultimi giorni di vita: "È proprio vero, come ebbe a sostenere John Henry Newman, il grande teologo inglese per il quale l'esistenza umana può solo essere una partecipazione corale, che la vita più autentica d'un uomo si ritrova nelle lettere che ha scambiato con i suoi simili".11 Nel séguito di questo articolo importa soprattutto notare come dall'aneddoto più semplice e da elementi oltremodo contingenti e quotidiani Battistini riesca a estrarre giudizi di più ampio respiro sui singoli individui e l'ambiente culturale in cui si muovono. A proposito della sfida a duello che Dino Campana lancia a Tommaso Marinetti, dopo aver ricordato con qualche ironia le curiose pretese dello sfidante ("un modo davvero singolare di venire a tenzone, se chi viene sfidato è tenuto preliminarmente a coprire anche le spese dello sfidante"), Battistini così commenta le gesta di una generazione appassionata e incendiaria: "L'episodio, di per sé aneddotico, è peraltro indicativo dell'agonismo di questa generazione. Non è un caso che il connotato più vistoso delle avanguardie, proprio perché formate da giovani, sia un atteggiamento dissacratore e antagonista votato all'insubordinazione e a pronunce sovversive". La sensibilità alle caratteristiche generazionali delle avanguardie novecentesche dà il titolo anche a un altro intervento di Battistini, La giovinezza, un imperativo anagrafico di primo Novecento (113), uscito nel 2018 su "Esperienze letterarie" (XLIII, 1-2, pp. 163-73). Mi sembra degno di nota, perché indicativo delle sue modalità di lettura e di studio, che questa attenzione all'importanza del fattore generazionale nella comprensione dei movimenti culturali novecenteschi venga a Battistini dalla lunga frequentazione di secoli più antichi, in particolare del secondo Settecento e del primissimo Ottocento, e dalla protratta riflessione sui miti di giovinezza e di rinascita della Rivoluzione francese e del Risorgimento. Penso in particolare al suggestivo saggio Miti di rigenerazione e culto letterario della giovinezza, che chiude in crescendo il volume Svelare e rigenerare,12 partendo dal mito della fenice, caro alle istanze di rigenerazione estetica e politica del Settecento, per arrivare fino alla tensione utopica, visionaria e fantastica dello Jacopo Ortis foscoliano, modello e riferimento ideale nel Risorgimento delle giovani generazioni. Con le parole di Battistini, che suggellano in maniera memorabile questo saggio e l'intero volume, richiamandosi alle splendide pagine su Alfieri di altro grande italianista, vorrei chiudere il mio intervento: per auspicio e speranza nel nostro lavoro, per augurio che continui a non essere superfluo anche nel tempo drammatico e precario in cui ci è toccato in sorte di vivere: A un lettore odierno [Giacomo Debenedetti] che ha conosciuto da vicino le fiamme di un olocausto ancora più terribile piaceva di immaginare, con un saldo fondamento storico, "migliaia di giovani italiani" che, durante il Risorgimento, furono pronti "a specchiarsi nell'Ortis, a farsi del destino di Jacopo la parabola ideale dell'esistenza". E li vedeva, quei giovani, "portarsi sul cuore il tenero libro del Foscolo per ascoltarvi, dilavata, riscattata, resa poetica e universale la propria pena, come si porta all'orecchio la conchiglia per udire il rombo chiuso del nostro sangue dilatarsi nella sinfonia del mare". In quello sciabordio lungo e continuo, in quel sussurro insistente sentivano insieme con i crepitii ardenti della Fenice che si riduceva in cenere, i fremiti di una giovinezza che confidava, con generosa fiducia, nella catarsi di una rigenerazione.13

M.A.T.



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Note

* Relazione tenuta il 10 maggio 2022 al Convegno internazionale La retorica e le idee. Per Andrea Battistini, italianista, Università di Bologna, 9-10 maggio 2022. torna su
1 Bibliografia degli scritti di Andrea Battistini, in Svelare e rigenerare. Studi sulla cultura del Settecento, a cura di A. Cristiani e F. Ferretti, Bologna, Bononia University Press, 2019, pp. 305-66. Alla numerazione delle voci fornita in questa bibliografia rinviano nel séguito i numeri indicati tra parentesi e relativi a studi e interventi di Battistini. torna su
2 A. Battistini, Sondaggi sul Novecento, a cura di L. Gattamorta, Cesena, Società Editrice "Il Ponte Vecchio", 2003. torna su
3 Id., "Documentare" ed "esprimere": la memorialistica sulla guerra, ivi, pp. 137-53. torna su
4 Ivi, p. 137. torna su
5 Id., Premessa. Le ragioni di una prospettiva, in Id., Il Barocco. Cultura, miti, immagini, Roma, Salerno Editrice, 2000, pp. 7-16, la cit. è a p. 11. torna su
6 Cfr. Id., "Documentare" ed "esprimere" cit., rispettivamente pp. 142, 143 e 149. torna su
7 G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, Udine, Stabilimento Tipografico Friulano, 1916, p. 11; ora in Id., Vita d'un uomo, Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1970 (1a ed. 1969), p. 25. torna su
8 Id., Notizia, in Id., L'Allegria, Milano, Preda, 1931, pp. 7-8; ora in Id., Tutte le poesie cit., pp. 527-28, la cit. è a p. 527. torna su
9 A. Battistini, "Documentare" ed "esprimere" cit., p. 153. torna su
10 Bibliografia degli scritti cit., p. 366. torna su
11 http://rivista.ibc.regione.emilia-romagna.it/xw-201803/xw-201803-a0003; da qui sono tratte anche le due citazioni successive. torna su
12 A. Battistini, Miti di rigenerazione e culto letterario della giovinezza al tempo della Rivoluzione francese, in Id., Svelare e rigenerare cit., pp. 281-303. torna su
13 Ivi, p. 303. torna su