1, 2007
 
Saggi    
 
Abstract


Anna Bellato

Sui testi con destinatario effimero in Fantoni



«Eliminazione + addizione ulteriore: si tratta chiaramente della formula di sostituzione del dedicatario, operazione indubbiamente più rara della semplice eliminazione poiché aggrava l'abbandono con un'infedeltà». Così si esprime Genette1 a proposito della possibilità di sostituzione di un destinatario di un'opera con un altro. Le raccolte poetiche di Fantoni recano solitamente una dedica2 generale del libro, e numerosi destinatari per i singoli componimenti. La scelta di una dedica per un'opera3 comporta delle decisioni ponderate e giustificate, che probabilmente sono più impegnative e definitive di quelle che portano un autore a celebrare i destinatari delle singole poesie. Dunque, è poco probabile nel panorama settecentesco trovare una pubblicazione che nella sua ristampa rechi un destinatario diverso dalla prima edizione. Uno dei rari esempi di questo tipo sta proprio nell'opera poetica di Fantoni: la raccolta di odi pubblicata nel 1782 «A bordo del Formidabile […] Con Permesso dell'Ammiraglio Rodney»4 reca la dedica all'imperatrice Caterina II di Russia;5 ad alcuni esemplari dell'edizione del 1782 «fu rifatto il frontespizio e mutata la data e la dedica. A quella all'imperatrice Caterina II venne sostituita quella al Rodney, scritta da Fivizzano il 10 febbraio 1783»;6 nell'epistolario non ci sono tracce di rapporti diretti o richieste di autorizzazione per queste dediche, come accadeva di prassi all'epoca. Questo caso è un primo esempio che dimostra come Fantoni non considerasse affatto il senso delle gerarchie e si comportasse di conseguenza nelle dediche dei suoi componimenti. Infatti, sono numerosi i casi di poesie nate con un destinatario, che poi, nel corso del tempo, in seguito a revisioni e rimaneggiamenti, è stato cambiato. Il caso di Fantoni potrebbe non essere isolato, data la minore importanza, nel contesto dell'opera, del personaggio a cui è diretta una singola poesia rispetto a quello che riceve un'intera raccolta, ma l'ipotesi andrebbe supportata attraverso uno studio, tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento, su un campione significativo di autori dei quali si dovrebbero analizzare «le numerose raccolte di poesie, di novelle o di saggi in cui quasi ogni componente reca una sua dedica particolare, oltre, in alcuni casi, alla dedica generale della raccolta».7 Per quanto chi ricevesse una sola poesia all'interno di una silloge non avesse, probabilmente, obblighi economici o di altro tipo di riconoscenza nei confronti dell'autore («la dedica [di un volume] è […] generalmente un omaggio remunerato»),8 si può comunque affermare che alla base della scelta di una persona a cui destinare un solo componimento ci sia la stessa gamma di motivazioni che spingevano l'autore a individuare un dedicatario per l'intera opera. Ma sembra che sia più facile variare il destinatario alla singola lirica piuttosto che all'intero libro, e i casi che vedremo riguardano questo particolare aspetto.
Prima di procedere all'esemplificazione in Labindo, mi sembra opportuno accostare le dediche fantoniane per la singola poesia a quelle «epigrafiche predilette dai romantici»9 e a quelle «di carattere privato»10 che si trovano nelle prime raccolte di Foscolo, e che hanno una connotazione affettiva, se chiamano in causa amici e parenti, o manifestano l'intento di omaggiare un altro poeta o studioso prendendo atto della sua importanza come maestro e attento lettore. Inoltre, Fantoni si può accostare a Manzoni nella sua dedica di Marzo 1821, ode per la quale «la scelta del destinatario, poeta-soldato morto poco più che ventenne per la difesa della patria, è più importante di ogni indicazione sull'opera dedicata, e delinea il nuovo impegno civile dello scrittore».11
Con questo non si vuol certo dire che in Labindo ci fosse un chiaro intento di modificare la prassi della dedica, bensì che lo spazio all'interno del libro, libero da ogni tipo di obbligo già risolto con la designazione del destinatario in apertura del volume, poteva offrire la possibilità di comprendere nell'omaggio altre persone, più o meno potenti, più o meno vicine all'autore, e di dare chiare indicazioni sui temi dei componimenti, sull'impegno politico e sulla volontà di offrire un esempio civile e didattico per i lettori, soprattutto se giovani. Inoltre, l'autore non si precludeva la possibilità di fare sostituzioni tra i dedicatari. Se, dunque, già da ora si può sostenere che la dedica alla singola poesia sia un luogo del peritesto piuttosto duttile (e probabilmente non solo per Fantoni, ma anche per i suoi colleghi contemporanei), restano da discutere i motivi di questa instabilità, la possibilità o meno che il destinatario sia coinvolto nella genesi dell'ode, le vicissitudini e i rapporti personali intercorsi tra il poeta e i suoi dedicatari, i cambiamenti politici che potevano gettare una luce nuova su un determinato personaggio a scapito di un altro.
Fantoni era certo cosciente dell'importanza della dedica nel suo tempo. Si veda l'ode seguente, un componimento metatestuale sulla pratica delle dediche, e più precisamente sulla delusione di un autore di fronte al mancato compenso che si aspettava dalla sua dedica. Un argomento delicato e importante, ma che non ha precluso a Fantoni la possibilità di variare il destinatario: il primo era un non meglio precisato Julo (citato anche al v. 1 e poi sostituito dal nuovo nome attraverso delle cancellature a penna), che poi il poeta sostituì con il librettista Ranieri de' Calzabigi,12 in Arcadia Liburno Drepanio:
  A Ranieri de' Calzabigi (di Livorno)
Che sperava di ottenere una pensione da un ministro
dedicandogli una sua Opera
 
  Ranier, che vegli di lucerna al lume
     L'intere notti a steril libro intorno?
     Folle! a che fuggi, pria che sorga il giorno,
          L'ozio, e le piume?
 
  Signor del mondo è l'interesse; Vani
     sono i talenti, i Mecenati rari;
     Prodighi in detti, in ricompense avari
          Molti i Sejani.
 
  Stà [sic] sulla soglia delle Corti infide
     Lacero il Merto, e inonorato il Prode;
     Per l'empie sale la bilingue Frode
          Passeggia, e ride.
 
  Servi ai capricci dei potenti, aduna
     Modesti vizi, cela in sen l'angoscia,
     Sarai l'Antinoo, il Mazzarino, il Coscia
          Della Fortuna.13
 
Naturalmente, il contenuto del testo rimane lo stesso, ma il cambio di destinatario getta una luce particolare sull'impiego della dedica da parte di Fantoni. Sembra quasi che all'autore non importi sostituire i dedicatari, come se la dedica di un testo non fosse un impegno preso in via definitiva. E forse proprio la caducità intrinseca nel testo di dedica, così intimamente legato al dedicatario in un preciso momento, permette a Fantoni di riutilizzare lo stesso testo in un secondo tempo, quando le contingenze sono diverse. Cercherò, con questo studio, di approfondire questa peculiarità fantoniana.
Il manoscritto di Fantoni presente presso la biblioteca di Casa Carducci di Bologna, dal quale prendo gli esempi per questo articolo in quanto uno dei testimoni più vicini alla morte del poeta, e quindi più attendibile,14 porta le prove dei cambiamenti di destinazione nelle singole poesie. Fantoni apportava queste variazioni cancellando a penna le parole da sostituire e molto spesso anche incollando dei pezzi di carta sopra ai quali scriveva la nuova versione, creando una sorta di sovrapposizione di dediche. In linea di massima, il poeta tendeva anche a semplificare le dediche originarie eliminando i titoli di tutti i dedicatari e lasciando nella maggior parte dei casi i soli nomi propri e il luogo di provenienza: Del fuoco occulto già palesa i lampi15 era dedicata «Al Precettore di S.A.R. Francesco di Borbone | Principe Ereditario di Napoli»,16 ma Fantoni incolla un pezzo di carta per cancellare questa dedica e semplicemente palesa il nome del precettore, Vincenzo Corazza di Bologna, prima aggiungendo anche che si tratta di una risposta a un'ode inviatagli dal bolognese, e poi cancellando a penna questa nota.
Ci sono casi in cui il poeta toglie il dedicatario del componimento per sostituirlo con indicazioni più vaghe, ma che non pregiudicano affatto la possibilità di riconoscere di chi si tratti. Si vedano l'ode che inizia con Carlo, terror delle lunensi belve, che recava la dedica «Al Marchese di Fosdinovo | Carlo Emanuelle [sic] Malaspina»,17 sostituito dal più vago «Ad un Amico»,18 e quella il cui incipit è Su le supine mani, industre Corilo, dapprima dedicata a «Domenico Guidotti fattore»,19 e poi semplicemente «Al Contadino di…». Allo stesso modo, l'ode Canti Belforte il ciel ridente, e molle era dedicata al ministro della Repubblica di Venezia Antonio Micheroux, del quale poi Fantoni occultò il nome per lasciare la dicitura «Ad un Ministro».20 Accade anche che l'ode Toscano Ippocrate, cui Febo in cura, destinata ad «Alessandro Bicchierai di Firenze»,21 fosse precedentemente caratterizzata da una dedica sineddochica al dolore. Dediche ad entità astratte erano frequenti nel Settecento22 e anche Fantoni se ne servì, salvo poi, in questo caso, rifiutarla per rendere evidente il nome del destinatario.
Il primo caso di vero e proprio destinatario effimero nel manoscritto di Casa Carducci si presenta nel componimento Vaccà, che giovano sospiri, e lagrime, diretto all'amico «Andrea Vaccà Berlinghieri di Pisa».23 Nei testi pubblicati in vita e postumi, fino all'«edizione Italia», il componimento era per Giacomo Costa, «poeta sarzanese».24 Anche l'incipit del componimento, che originariamente recava l'appello a Costa, venne rimaneggiato. Sembra di leggere sotto al nome del dedicatario, scritto su un pezzo di carta incollato, anche la dedica ad un abate Spina. Si tratta di un primo testimone importante del continuo lavoro sulle odi che Fantoni fece negli ultimi anni della sua vita, ma che non vide mai la stampa perché il poeta morì prima che potesse pubblicare nuovamente le sue poesie riviste e corrette. La riscrittura comportò anche l'aggiunta di alcune strofe. Dal confronto dell'edizione bodoniana del 1801 (qui di seguito a sinistra) e l'«edizione Italia», che ricalca il manoscritto di Casa Carducci (a destra), si possono vedere chiaramente le varianti:
  Costa, a che giovano sospiri e lagrime,
     S'oltre la Stigia sponda inamabile
     Priego mortal non giunge
     A Pluto inesorabile?
Vaccà, che giovano sospiri, e lagrime
     S'oltre la Stigia sponda inamabile
     Priego mortal non giunge
     A Pluto inesorabile;
  Se tutti vittime dell'Orco pallido
     Dobbiamo sul languido Cocito scendere,
     Nè può donata Cloto
     La forbice sospendere?
Se tutti vittime dell'Orco pallido
     Dobbiam sul languido Cocito scendere,
     E le precarie, e brevi
     Ricchezze al Fato rendere?
  Godiamo i candidi giorni del vivere,
     Finchè le giovani forze non mancano,
     Finchè di unguento sparse
     Le chiome non s'imbiancano.
Godiamo i candidi giorni del vivere,
     Fin che le giovani forze non mancano,
     Fin, che cinte di rose
     Le chiome non s'imbiancano.
  Assisi al tepido spirar di zeffiro
     Di un rio sul margine, cantiam le tenere
     Pugne di Bembo, e l'armi
     In voto appese a Venere.
Assisi al tepido spirar di Zeffiro
     Dell'umil Carfalo vicino all'argine
     Cantiam del tuo Metàto
     Sul coltivato margine
    Di Bacco i facili doni, e di Pallade;
     Cantiam le timide Grazie, le tenere
     Pugne d'amore, e i vezzi
     Di non proterva venere.
    D'affanni in traccia fra l'armi sudino
     D'oro, e di gloria superbi, ed avidi,
     Scorran la terra, e il mare
     L'Anglo, ed il Gallo impavidi;
    Tu, ignoto agli invidi, vivi nel rustico
     Ozio del nitido patrio ricovero:
     Così morrai da saggio
     D'oro, e rimorsi povero.
Fantoni «nelle strofe mutate, ricorda "il coltivato margine" del Metàto e del Carfalo, due ruscelli scorrenti presso Montefoscoli nelle colline di Pisa, stanza prediletta dell'amico, amantissimo dell'agricoltura».25 Nella nuova versione sembra che la personalità dell'amico abbia avuto parte rilevante nella genesi del componimento, ma rimangono dalla redazione più antica motivi costanti della poesia di Fantoni, evidenti nella terza strofa, che celebrano la giovinezza e l'urgenza di godere dei giorni felici. La spensieratezza, la volubilità e la curiosità per le diverse esperienze della vita, che sono tratti caratteristici dell'esistenza di Fantoni (soprattutto nella giovinezza), si riversano anche nel suo atteggiamento nei confronti delle sue poesie e dei relativi destinatari. Quindi l'introduzione di riferimenti geografici cari all'amico Vaccà non può essere un sigillo definitivo che lega l'uomo alla poesia: come vedremo dagli esempi successivi, semplici contingenze affettive non avevano la forza di impedire a Fantoni di riscrivere e ridedicare un componimento.
L'ode Alle auree corde del sonante Pindaro, composta nel 1780 per il marchese di Fosdinovo Carlo Emanuelle Malaspina, fu ripresa da Fantoni dopo il 1800, e il manoscritto di Casa Carducci testimonia proprio questi interventi e la nuova dedica, ad Antonio «Gasparinetti di Ponte di Pieve in morte di Giuseppe Fantuzzi + + caduto nell'affare dell'Incoronata presso Genova il giorno 9 + + del 1800».26 Fantoni interviene in molti passi del componimento per adattarlo alla nuova occasione. Nell'«edizione Italia» (tomo I, p. 212) l'ode reca il titolo In morte d'un ufficiale italiano ucciso in una battaglia contro i francesi. Lazzeri27 puntualizza che la battaglia fu contro i tedeschi, e non contro i francesi. In realtà Fantuzzi morì nel tentativo di cacciare gli austriaci da Coronata; nella stessa impresa venne ferito anche Foscolo, il quale ricordò Fantuzzi nell'orazione per i Comizi di Lione.28 In ogni caso, il titolo più vago dato al componimento rientrerà in una precisa strategia dei famigliari di Fantoni, volta a mettere a tacere tutti i riferimenti a episodi di coinvolgimento del poeta durante il suo periodo giacobino, allo scopo di tutelare la famiglia: proprio quei motivi che pare volesse far emergere Fantoni col suo cambio di dedica, tanto più che l'amicizia con Carlo Emanuelle Malaspina era stata messa a dura prova dalle divergenze politiche. Quella al marchese di Malaspina risulta essere una dedica "leggera", che il sentimento dell'amicizia non ha contribuito a mantenere; le idee politiche che tanto stavano a cuore a Fantoni sono diventate più importanti del legame precedente, tanto da sovrapporvisi senza alcun rimorso o dubbio.
Musa, lacero il crin, sciolta la vesta recava la vecchia dedica al fratello del poeta, Luigi Fantoni, in occasione della morte del marchese Giovanni Agostino Grimaldi della Pietra, suo cognato, e fu scritta nel 1782. Tale invio è sostituito nel manoscritto di Casa Carducci dalla dedica a «Bartolomeo Boccardi di Genova | In morte di Bianca Boccardi sua madre».29 Fantoni nel 1795 fu incaricato da Boccardi, rappresentante genovese a Parigi, sollecitato a sua volta da Madame Dubocage, di redigere un documento circa lo stato delle lettere in Italia. Negli anni in cui il poeta adattò l'ode per l'amico, i rapporti fra loro erano evidentemente piuttosto stretti.30 La nuova destinazione è confermata dall'«edizione Italia», e reca la data 1796. Naturalmente, il testo ha subito dei rimaneggiamenti: il nome Grimaldi, ad esempio, viene sostituito dalla parola «madre», e l'appello al fratello in chiusura della versione più antica viene levato. Metto a confronto l'edizione bodoniana del 1801 (a sinistra) e il manoscritto di Casa Carducci (a destra); il corsivo per evidenziare le varianti è mio:
  Musa, lacero il crin, sciolta la vesta,
     Col plettro lamentevole
     Su quel sasso t'arresta.
Musa, lacero il crin, sciolta la vesta,
     Con l'arpa lamentevole
     Su quel sasso t'arresta.
  In ferreo sonno, nella muta pace
     Dell'urna lacrimevole
     Il pio Grimaldi giace.
Qui nell'orrore taciturno ascosa
     Dell'urna lacrimevole
     Una madre riposa;
  Grimaldi, a cui l'eguale invan richiede
     Giustizia incorruttibile,
     La Verità, la Fede.
Madre, di cui l'egual richiede invano
     La fama incorruttibile,
     Fra le figlie di Giano
.
  German, perché non eri a lui presente
     Nel momento terribile?
     Or lo piangi… e non sente.
Perché, amico, non eri a Lei presente
     Nel momento terribile?
     Or la piangi…., e non sente.
  D'Eternità nella beata reggia,
     Lungi da questo esiglio,
     Sulle sfere passeggia.
Indarno speri impietosir la sorte
     E indarno tenti frangere
     I Decreti di morte.

  È giunto in porto; noi siamo in tempesta:
     Tergi, Fantoni, 'l ciglio;
     Infelice è chi resta.
È giunta in porto; noi siamo in tempesta:
     Cessa per lei di piangere:
     Infelice è chi resta.
Un tema denso di sacralità come la morte non turba per nulla la coscienza di Fantoni, che adatta il brano alla scomparsa di un'altra persona e lo dedica al figlio di questa. Ancora una volta appare chiaro l'atteggiamento di "leggerezza" che sembra essere la specificità dell'esperienza di Fantoni nel campo delle dediche. Ma non si tratta di un giudizio morale sull'autore, bensì della constatazione che per Labindo la concezione della vita è incentrata sul presente, su un hic et nunc che annulla il passato per importanza e urgenza. Il fratello aveva già potuto apprezzare la dedica per la morte del cognato: passati quattordici anni nulla poteva impedire al poeta di ritoccare qualche verso della poesia in morte di Grimaldi e adattarla alla nuova occasione, alla celebrazione della madre di una persona evidentemente molto importante per Fantoni all'epoca della riscrittura.
Sempre Boccardi è il protagonista di un nuovo cambiamento: Che solo il ricco sia felice, e alberghi, era dedicata inizialmente all'abate Luigi Sodaro, sostituito in seguito da Bartolomeo Boccardi; al v. 1731 il componimento reca anche una ulteriore cancellatura, e la nuova lezione è «Sprezzo, Boccardi». Si tratta evidentemente della necessità di sostituire il nome proprio citato nel testo con quello più recente. Il componimento, con la dedica al Boccardi, venne pubblicato a Parigi, probabilmente negli ultimi anni del Settecento.
Bacco risvegli Venere, inedita in vita, fu dapprima dedicata a Pietro Notari e successivamente a Leopoldo Vaccà Berlinghieri di Pisa. Così nel manoscritto di Casa Carducci (f. 66 v), che sostituisce al v. 5 il nome Notari con Leopoldo (il corsivo è mio):
  Notari mio, non credere
     In caste membra vergine la mente;
Leopoldo mio, non credere
     In caste membra vergine la mente;32
Beato quei, che in venerata pace,33 destinata inizialmente al cardinale Giuseppe Maria Garampi, fu dedicata dopo la sua morte ad Andrea Massena di Sospello. L'ode fu stampata per la prima volta nella decuria pubblicata durante l'assedio di Genova nel 1800, ed è quindi di grande valenza politica. La scomparsa del cardinale sta alla base del cambiamento di destinatario a favore del generale in capo dell'armata francese durante l'assedio (si veda a questo proposito l'epistolario, p. 328), nel quale Fantoni fu direttamente coinvolto: La morte [di Garampi] lo aveva rapito mentre era al culmine di una brillante carriera ecclesiastica […]. «Se scritto è in ciel che tu sostenga il pondo / Dell'auree Chiavi del supremo Tempio…», aveva ipotizzato nel 1791 il poeta-soldato Giovanni Fantoni (1755-1807), fondatore di un giovanile «Esercito della Speranza», per il quale scrisse l'inno «Ora siam piccoli ma cresceremo». Il cielo aveva voluto diversamente. Morto Garampi, Fantoni riscrisse in parte quell'ode in suo onore, e la dedicò al maresciallo Massena, togliendo ovviamente l'auspicio di una salita al trono di Pietro.34 Numerosi versi vengono riscritti. Quelli che hanno rilevanza perché strettamente legati al dedicatario sono i seguenti (a sinistra la versione per Garampi, con alcune parole mancanti segnate da + + a causa della difficile lettura per le cancellature nel manoscritto, a destra quella per Massena, cui è stata aggiunta anche un'intera strofa):
    Dai lunghi studj dell'amica sposa
     Lieto riposa fra le caste braccia,
   E fra i giuochi, e i precetti l'amorosa
     Garrula prole sorridendo abbraccia.
    [...]
  Saggio Garampi, che del vero al fonte
     Disseti il labbro, ne [sic] di merto povero
   Dall'ostro il merchi, e sul Falisco monte
     Porgi alle Muse, e alla Virtù ricovero,
Figlio dell'Alpe che la gelid'onda
     Bagna del Roja, cui d'eterna gloria
   L'ardito nome, e il nero crin circonda
     Il lauro dell'Elvetica vittoria
  Se scritto è in Ciel, che tu sostenga il pondo
     Dell'auree Chiavi del supremo Tempio
   E la pace d'Augusto, e i dotti al mondo
     Giorni tu renda sul mediceo esempio,
Se in riva al Po' [sic], se in riva a Tebro torni,
     Se l'empia domi ferità Vandalica,
   Se riconduci i desiati giorni
     Della tradita libertade Italica,
  Quanta il destin gloria di + +!… Immensa
     + + Tu dall'eterna + +azio
   Propizia ascolta i voti miei; compensa
     Degli affanni sofferti Italia, e il Lazio
Qual ti serba il destin di lode immensa
     Giusto tributo. Di trionfi sazio
   Cercando i buoni, odiando i rei compensa
     Degli affanni sofferti Italia, e il Lazio.
L'ode intitolata Il Fanatismo (incipit: Ridea l'aurora, pallide), prima di recare la dedica a Vittorio Alfieri, comparsa nella decuria stampata a Genova nel 1800, era già stata pubblicata da Fantoni nel 1797, con il titolo Al Linneo Francese Lebrun.35 È di nuovo dedicata a Lebrun in una un volume miscellaneo pubblicato dallo stampatore Giovanni Antonio Ranza.36 A tal proposito in Sforza si legge: «Il Ranza scrive in fine: "N.B. Il poeta Fantoni si fece con questa sua figlia due generi: uno francese, e questo fu il primo, cioè il poeta lirico Lebrun; l'altro italiano, cioè il poeta tragico Alfieri, piemontese"».37 Nel manoscritto di Casa Carducci (f. 106 r), datato 1804, Alfieri è l'unico destinatario dell'ode, e si può supporre che ciò sia giustificato dal fatto che il testo è posteriore alle vicende in causa. È risaputo che fu proprio l'Alfieri a chiamare Fantoni «l'Orazio etrusco», ed è chiaro anche come Labindo tenesse in grande considerazione l'astigiano. Da qui si può comprendere la dedica. È inusuale che nello stesso anno, il 1800, comparisse la stessa ode con due destinatari diversi. Anche se si può supporre che Fantoni fosse estraneo alla raccolta curata dal Ranza, erano passati solo tre anni dalla prima dedica a Lebrun alla nuova ad Alfieri. I commenti del Ranza sottolineano proprio l'anomalia dell'atteggiamento fantoniano tra i suoi contemporanei, non senza lasciar emergere un giudizio negativo.
L'epistolario (p. 186) attribuisce la dedica dell'ode Lungi profani. T'assidi, e tacito (che compare anche nella decuria del 1800) per «Sebastiano Biagini38 di Lerice [sic]»39 ad altri destinatari prima di lui: Antonio di Gennaro duca di Belforte e Melchiorre Delfico. Legata al nome di Sebastiano Biagini, secondo Sforza, è anche l'ode Il saggio amico del vero, stabile, recante il titolo Il Vaticinio. Nel manoscritto di Casa Carducci (f. 64 r) la dedica è rivolta a Saverio Petrucci di Siena, ma è messa in dubbio da numerose cancellature, al di sotto delle quali non mi è stato possibile decifrare gli altri nomi con gli strumenti a mia disposizione. L'epistolario (p. 301) riporta come altri dedicatari il pittore veneto Francesco Boldrini e il fratello del poeta Luigi Fantoni.
Al di fuori degli esempi provenienti dal manoscritto di Casa Carducci, l'ode Cultor del colle d'Elicona, un epitalamio, fu pubblicata per la prima volta da Fantoni nel 1792, con il titolo «Del nobile signor conte | Giovanni Fantoni | in Fivizzano | epitalamio in Versi epitalamici | ai nobilissimi sposi | Lorenzo Sangiantoffetti | e | Lucrezia Nani | P.P.V.V. | Padova | Nella Stamperia del Seminario | M.DCC.XCII».40 Nel 1804 lo stesso componimento fu riadattato da Fantoni in occasione di altre nozze: «In nozze di Girolamo Tommasi | e | Rosa Belluomini | di | Giuseppe Lena | e | Maria Angiola Belluomini | cittadini».41 L'epistolario (lettera a Niccolao Giorgini, pp. 445-47) conferma che quest'ode per le nozze di Lorenzo Sangiantoffetti e Lucrezia Nani fu riadattata per quelle per le figlie di Giuseppe Francesco Belluomini, ad imitazione di Catullo: Tentai altra volta d'imitare il Cantore delle Nozze di Manlio e di Giulia e tralasciando la descrizione degli antichi riti dei maritaggi d'Italia, allora padrona del mondo conosciuto, ne adattai i pensieri e le bellezze alle meno poetiche costumanze moderne. Le circostanze lasciarono quasi ignoto questo mio tenue lavoro, che variato e ricorretto dirigo a Voi, annuendo alle amichevoli Vostre premure, perché ne facciate dono a quei sposi […].42 Ma è interessante porre l'attenzione su un ulteriore aspetto di questo componimento rivisto da Fantoni, come è stato rilevato da Garau. Labindo, affinché l'amico la presenti agli sposi, dirige la poesia a «Giorgini, amico consigliere nella Repubblica di Lucca»; e la dedica «contiene […] delle considerazioni di tipo politico. Sorprende che essa sia premessa a un componimento per nozze».43 Le dediche si sovrappongono: prima il componimento era per le nozze Sangiantoffetti - Nani e poi fu riscritto per i matrimoni delle figlie di Giuseppe Francesco Belluomini, ma fatto giungere alle coppie di sposi attraverso una dedica a Giorgini, dal contenuto politico.
Gli esempi seguenti si aggiungono a quelli finora commentati e testimoniano l'abbondanza dei cambi di destinatario nell'opera di Fantoni.
Morde l'Eridano più basso l'argine era diretta in origine a Giacomo Andrea Cecchini di Brucciano in Garfagnana e poi, definitivamente, a Maurizio Solferini, come risulta sia nel manoscritto di Casa Carducci (f. 14 bis r) che in tutti i testi a stampa.
Saggio Fantoni, che tranquillo regni nell'edizione del 179744 era dedicata a monsignor Caleppi, in morte di Jacquier de' Minimi, e conseguentemente iniziava con «Saggio Caleppi» (p. 190, v. 1). Nel manoscritto di Casa Carducci (f. 40 v) si vede l'antica dedica sostituita dalla nuova attraverso alcune cancellature a penna: l'ode celebra sempre la morte del matematico Francesco Maria Jacquier, ma viene inviata al matematico Pio Fantoni di Bologna.45 Al suon della minaccia diretta al marchese Federico Manfredini per l'apertura della nuova Accademia delle Arti a Firenze nel 1784 (come risulta anche dalle pubblicazioni in vita), viene poi destinata al fratello Luigi Fantoni, come testimonia il manoscritto di Casa Carducci (f. 42 v); l'«edizione Italia» riporta solo l'occasione ed elimina il destinatario (scelta operata dai curatori, il nipote e Gargiolli), risolvendo probabilmente in questo modo il problema dell'alternanza tra i due personaggi. Metà dell'anima del tuo cantore, dedicata a Carlo Emanuelle Malaspina (anche nelle pubblicazioni in vita e nell'«edizione Italia»), nel manoscritto di Casa Carducci (f. 49 r) viene destinata a Mariano Mariani di Porto Venere. La nuova versione manoscritta (che però, evidentemente, non ebbe fortuna nelle pubblicazioni postume) riporta numerosi interventi dell'autore. L'ode Bertacchi, invan con torbido, prima di raggiungere la versione definitiva con la dedica a Giuseppe Bertacchi di Barga, era stata destinata ad altre persone, come testimonia il manoscritto di Casa Carducci (f. 51 r) sia nella dedica stessa che al primo verso. Scritti su pezzi di carta incollati uno sull'altro si sovrappongono, infatti, prima il nome di un tenente Giovanni de Gomorra, poi quello di un tale Gennaro46 e solo alla fine quello di Giuseppe Bertacchi. La poesia rimase inedita finché il poeta visse, e non c'è traccia quindi di questi cambiamenti nelle stampe. L'eroe temuto, che nell'armi audace era per un professore di fisica, Francesco Pietri. Fantoni lo sostituì con Tito Manzi di Pisa, con il quale condivideva l'impegno politico e l'insegnamento universitario. Nel manoscritto di Casa Carducci, al v. 3 (f. 67 v), il nome «Pietri» è stato prima sostituito con «Manzi» e successivamente con «Tito». Ozio agli Dei chiede il nocchier per l'onde, dapprima dedicata al signor Giorgio Viani (un diplomatico) non solo nel manoscritto di Casa Carducci (f. 32 r) ma anche in tutte le stampe in vita, viene poi diretta a Francesco Micali di Livorno: ma dalle cancellature presenti anche sul secondo nome non sembra che la scelta di Fantoni fosse definitiva. In ogni caso l'«edizione Italia» conferma la dedica a Micali. Il prossimo esempio non è un vero e proprio caso di cambio di destinatario, ma rientra in questo studio come testimone della libertà di Fantoni nelle dediche dei suoi testi. Infatti, in questa poesia il destinatario resta il medesimo, ma cambia l'occasione: Prole germanica, nata sul ligure, dedicata al barone Isengard, inizialmente era per il «giorno natalizio»47 del comune amico Carlo Emanuelle Malaspina. Nel manoscritto di Casa Carducci questa indicazione viene cancellata da una lista di carta incollata sopra, che riporta l'occasione del genetliaco di «Giorgio Wasington» (sic; ms. C.C., f. 33 r) e mantiene il destinatario; i riferimenti a Malaspina vengono tolti e i versi adattati alla nuova occasione, attraverso l'inserimento nel testo di cenni storici e politici riguardanti non più la sola Europa, ma il mondo intero (ms. C.C., f. 33 r, vv. 8-9; f. 33 v, vv. 22 e 25; il testo originario è nella colonna di sinistra, a destra invece le varianti che Fantoni ha inserito successivamente nell'interlinea e a margine):
  È questo il lucido giorno, che nascere
Vide il magnanimo Carlo […].
È questo il lucido giorno, in cui nascere
Con fausto augurio l'oppressa America
Vide il suo Fabio […].
  [...] [...]
  Co i Regi alberghino, d'Europa spingano Co i Regi alberghino, dal mondo spingano
  [...] [...]
  Monarchi e Popoli. Pace e Giustizia Governi48 e Popoli. Pace e Giustizia
Allo stesso modo per Sorgi, Laware, sovra l'urna, e fuora, dedicata al fratello Odoardo, prima di celebrare il ritorno dall'Europa a Filadelfia di «Beniamino Franklin dopo la pace del 1783» (ms. C.C., ff. 17 v e 116 r), ricordava il ritorno dall'America a Londra dell'ammiraglio Rodney dopo la vittoria del 12 aprile 1782, come si può constatare in tutte le edizioni pubblicate prima della morte del poeta. Il componimento per Rodney iniziava con l'appello al fiume Tamigi. La nuova occasione ha dato l'opportunità a Fantoni di testimoniare il suo impegno politico, e per questo il cambiamento non consistette solo nella sostituzione del nome di Rodney con quello di Franklin, ma nell'aggiunta di versi come i seguenti (ms. C.C., f. 116 r, vv. 5-16):
  Franklin tuo figlio, che di ferro armato
   Rapì dal cielo i fulmini stridenti,
   Cui diede l'arte di creare il fato
                  Libere Genti.
Miralo; Ei scende! Del novello Mondo
   Ride la speme sul tranquillo aspetto,
   Ma l'ire, e i voti dell'Europa in fondo
                  Gemon del petto.
L'adulta prole, che emularlo brama,
   Offre alla figlia il genitore antico.
   Padre la Patria; ogni stranier lo chiama
                  Fratello e Amico.
 
In entrambi i casi appena visti l'interesse di Fantoni per i più rilevanti cambiamenti politici della sua epoca sta alla base degli interventi sulle poesie.
Benché non si tratti di un cambio di destinatario, il componimento Sproni, di candidi pensier, dall'animo è testimone dell'atteggiamento di Fantoni nei confronti dell'approccio alla vita: è una prova cioè della sua disponibilità a cambiare idea e dell'entusiasmo che ha sempre determinato le sue scelte, di vita e politiche. Nel 1784 scrive un'ode a Francesco Sproni di Livorno «Contro i primi Navigatori Aerei»;49 è dell'anno precedente il primo tentativo di volo umano ad opera di Robert Montgolfier, celebrato da Monti. Nel 1804 Fantoni viene a conoscenza delle imprese di Francesco Zambeccari, un «conte bolognese, pioniere dell'aeronautica», che «ideò varie specie d'aerostati, compì ascensioni audacissime, morendo vittima di un esperimento di volo».50 Labindo si appassiona alle sue imprese e ai suoi progetti, è orgoglioso che un connazionale operi tali esperimenti e si prodiga per appoggiare il progetto dell'aviatore, «per la gloria di Bologna e per i sacrifici onorevoli fatti da Zambeccari e per l'onore d'Italia».51 Così, nel manoscritto di Casa Carducci, l'ode perde l'originario intento negativo e diventa «Su i primi Navigatori Aerei» grazie ad una cancellatura a penna della parola «contro».
Per Fantoni la dedica è dunque un luogo del testo effimero, poiché non è mai definitivo. Sono del resto effimere le occasioni che stanno alla base dei testi: le diverse contingenze e il passare del tempo possono fornire motivazioni per un cambiamento del destinatario di un componimento, al di là di ogni vincolo di amicizia, richiesta di protezione, circostanze già celebrate. A volte l'atteggiamento di Fantoni può sembrare cinico e opportunista, può suggerire che il poeta non si facesse alcuno scrupolo nel riciclare i suoi testi per dedicarli a persone diverse. Ma questo sarebbe un giudizio affrettato e superficiale. Credo, infatti, che più dell'interesse conti la visione della vita dell'autore, così pregna di un eterno presente, talmente importante da scalzare il passato con tutte le sue implicazioni. Inoltre, traspare la scarsa considerazione che aveva Fantoni dell'importanza della dedica stessa. Labindo considera i suoi testi come esemplari, e come tali può trattarli, decidendo di dedicarli di volta in volta a persone diverse. Per questo ogni esemplare può avere più dediche quasi in contemporanea e spesso stratificate, sovrapposte proprio come i pezzi di carta che Fantoni incollava sui nomi dei destinatari più antichi per sostituirli con i nuovi. Il poeta rifiuta l'impegno morale della dedica imperitura, è aperto a nuove esperienze e alle conseguenze che queste possono significare, come la fine di un'amicizia. E proprio l'apertura verso le vicissitudini dell'esistenza e le opportunità che esse offrono mette a disposizione di Fantoni una rosa di possibilità da cogliere al volo e anche da sfruttare, al di là di ogni vincolo precedente e senza curarsi dell'opinione dei suoi contemporanei. Così avviene per le dediche, ma anche per antiche convinzioni che vengono confutate, come testimonia l'ode a Sproni sui primi esperimenti di volo (esempio di concezione effimera della funzione del testo, che diventa messaggero di un cambiamento di idee), caratterizzata negativamente se riferita a Montgolfier, ma illuminata da un nuovo entusiasmo patriottico dopo gli esperimenti di Zambeccari. Non la sola dedica, ma il testo stesso viene concepito come scrittura occasionale, adattabile a nuove contingenze, ed è di conseguenza che variano anche i destinatari. Fantoni era un personaggio determinato e impetuoso, che credeva profondamente nelle imprese che si accingeva a compiere. Ma non per questo era meno pronto ad abbandonarle per altri ideali e propositi, quando gli sembrava che questi avessero più importanza e fascino dei precedenti, o che fossero portatori di istanze di verità e democrazia. D'altronde, egli stesso affermava: «Quant'è vitrea la fé di un Giuramento»…52

A. B.





Note

1 G. Genette, Soglie. I dintorni del testo, a cura e trad. di C. M. Cederna (Seuils, Paris, Seuil, 1987), Torino, Einaudi, 1989, p. 126. Salvo altra indicazione, nelle citazioni i corsivi e i maiuscoletti sono del testo.torna su
2 Non c'è nelle edizioni del 1801 e del 1806, fra quelle pubblicate in vita che si trovano in bibliografia.torna su
3 Per questo aspetto delle dediche di Fantoni rimando a S. Garau, Dedicatorie dell'Italia napoleonica (1796-1814). Tra continuazione e rottura degli schemi della dedica, Relatrice M. A. Terzoli, Lizentiatsarbeit Universität Basel, 2002.torna su
4 G. Sforza, Contributo alla vita di Giovanni Fantoni (Labindo), Genova, Tipografia della Gioventù, 1907, p. 318.torna su
5 «La dedica [a Caterina II] rappresenta una testimonianza della fiducia nutrita dal Fantoni nei princìpi del dispotismo illuminato» (G. Fantoni (Labindo), Epistolario (1760-1807), a cura di P. Melo, Roma, Bulzoni, 1992, p. 84). Una spiegazione per il cambio di destinatario voluto da Fantoni negli esemplari cui furono cambiati frontespizio e data si potrebbe ravvisare in quanto afferma l'autore nella lettera dedicatoria a Rodney: «Millord Rodney, I vostri trionfi hanno meritata l'attenzione dell'universo ed io nel filosofico ritiro in cui vivo da quasi un lustro, ho riscosso la cetra per celebrarli» (ivi, pp. 103-04).torna su
6 Sforza, Contributo alla vita cit., p. 322.torna su
7 Genette, Soglie cit., p. 125.torna su
8 Ivi, p. 117. Si ricordino i casi di dediche che non richiedevano un compenso in denaro, ma che «miravano semmai ad acquisire un ulteriore pregio all'opera con l'indirizzo ad un personaggio famoso» (M. Paoli, L'autore e l'editoria italiana del Settecento. Parte seconda: un efficace strumento di autofinanziamento: la dedica, in «Rara Volumina», i, 1996, pp. 71-102, a p. 81): ritengo sia questo il caso della dedica per la singola poesia.torna su
9 M. A. Terzoli, I testi di dedica tra secondo Settecento e primo Ottocento: metamorfosi di un genere, in Dénouement des lumières et invention romantique, Actes du colloque de Genève, 24-25 novembre 2000, Réunis par G. Bardazzi et A. Grosrichard, Genève, Droz, 2003, pp. 161-92, a p. 171.torna su
10 Ivi, p. 175.torna su
11 Ivi, p. 190.torna su
12 Fantoni frequentò Calzabigi durante il suo soggiorno napoletano, dal settembre del 1785 al 1788 (si trovava a Roma già nell'agosto del 1788), ma mantenne con lui un contatto epistolare (una lettere di Fantoni a Calzabigi reca la data 15 ottobre 1791); l'ode in oggetto ebbe una prima stesura nel 1787 e una riscrittura nel 1790-91. Si richiede a proposito di questo componimento un supplemento d'indagine per individuare a quale delle opere di Calzabigi Fantoni facesse riferimento; mi ripropongo di integrare presto l'informazione nel commento della poesia a conclusione della mia tesi di dottorato.torna su
13 Ms. C.C., f. 35 v.torna su
14 Confronterò il manoscritto di Casa Carducci con i testi a stampa e i due manoscritti (contenuti nelle buste 220 e 222) presenti presso l'Archivio di Stato di Massa, per i quali rimando alla bibliografia.torna su
15 Identificherò tutte le odi di cui tratterò scrivendone l'incipit in corsivo.torna su
16 Ms. C.C., f. 68 v.torna su
17 Ivi, f. 10 r.torna su
18 Nell'edizione uscita postuma nel 1823 (in tre tomi, curati dal nipote Agostino Fantoni e da Girolamo Gargiolli sulla base di carte autografe), che presenta, per la maggior parte dei casi, le stesse varianti ai testi pubblicati in vita apportati dal manoscritto di Casa Carducci, la poesia inizia in modo diverso («Carlo, germe d'eroi, terror di belve»), esattamente come cominciava nelle prime edizioni, ma è comunque destinata «ad un amico». Questa pubblicazione, detta anche «edizione Italia», è una sorta di edizione di mezzo, ovvero la prima la cui cura si fonda su materiale autografo di prima mano, ma che filologicamente non è né precisa né completamente affidabile: offre innovazioni e varianti rispetto alle edizioni delle poesie di Fantoni pubblicate durante gli anni della sua vita e a quelle postume fino al 1823, e apre la strada alle edizioni successive più importanti, cioè quella a cura di Angelo Solerti e quella fatta da Giosue Carducci, fino all'ultima in ordine cronologico, a cura di Gerolamo Lazzeri.torna su
19 Ms. C.C., f. 24 r.torna su
20 Ivi, f. 82 r.torna su
21 Ivi, f. 16 r.torna su
22 Per questo aspetto rimando a Terzoli, I testi di dedica cit., p. 172.torna su
23 Ms. C.C., f. 14 r. Il ms. 220 dell'Archivio di Stato di Massa (f. 7 r) registra l'invio a Leopoldo Vaccà, cancellato con segni d'inchiostro e precedente ad Andrea, di cui era fratello.torna su
24 Sforza, Contributo alla vita cit., p. 210. La prima stesura, diretta a Costa, risale al 1780. La nuova redazione è del 1801.torna su
25 Ibid.torna su
26 Ms. C.C., f. 30 v.torna su
27 G. Fantoni (Labindo), Poesie, a cura di G. Lazzeri, Bari, Laterza e figli, 1913, p. 443.torna su
28 Cfr. E. Donadoni, L'Opera di Ugo Foscolo esposta ai giovani, Napoli, Francesco Perrella, 1918. Cfr. ora http://www.classicitaliani.it/foscolo/critica/donadoni_biografia_foscolo.htm (edizione elettronica di G. Bonghi del 20.04.1999).torna su
29 Ms. C.C., f. 34 r.torna su
30 «La relazione, letta da Madame Dubocage, Bitaubé, Lebrun, serviva a colmare un vuoto informativo, rilevato e denunciato fra fine Sette e inizio Ottocento anche in giornali e riviste dell'epoca; la relazione fu pubblicata poi anonima, col titolo di Notice sur l'état actuel de la littérature à Milan nel "Magazin Encyclopédique ou journal des lettres et des arts rédigé par Millin, Noel et Warens", Paris, an III, 1795, vol. iii, pp. 332-41» (M. Tatti, Bohème letteraria italiana a Parigi all'inizio dell'Ottocento, in Italia e Italie. Fra Rivoluzione e Restaurazione, Atti del Convegno di Studi, Roma, 7-9 Novembre 1996, a cura di S. Tatti, Roma, Bulzoni, 1999, pp. 140-60, a p. 149).torna su
31 Ms. C.C., f. 15 v.torna su
32 L'«edizione Italia» riporta il primo dei dedicatari, e l'edizione a cura di Lazzeri aggiunge una strofa finale, che non compare nell'edizione del 1823 e nemmeno nel manoscritto di Casa Carducci, ma viene testimoniata dal ms. 222 dell'Archivio di Stato di Massa: «Ma, oh Dio! dall'uscio udirono / chete il consiglio e lo credetter frode: / ve' come fuggon timide! / Ah! chi amando non tace, arde e non gode». Sempre legati al nome di Leopoldo Vaccà sono i seguenti casi di cambio di destinatario. Il primo riguarda l'ode Son tre decembri, che cessato ho d'ardere: era destinata dapprima al «dei Principi di Belmonte, marchese di Galatone» (Ms. C.C., f. 70 r; a p. 382 dell'edizione a cura di Lazzeri c'è scritto invece «al Principe di Belmonte Pignatelli»), poi a Leopoldo Vaccà Berlinghieri di Pisa e infine a Pietro Notari di Montemiscoso. Nell'«edizione Italia» e a p. 382 dell'epistolario (Fantoni, Epistolario cit.) la dedica definitiva è invece a Giuseppe Piazzini, astronomo presso l'Università di Pisa, ma nel ms. 220 dell'Archivio di Stato di Massa (f. 79 r) Fantoni scrive Gaetano (e non Giuseppe) Piazzini. Il secondo componimento è Il peregrino argento, che prima di essere diretto ad Antonio Boccardi di Genova, era stato dedicato da Fantoni a Leopoldo Vaccà (Berlinghieri). Al v. 6 (Ms. C.C., f. 108 r) il nome del nuovo destinatario è scritto su di un pezzo di carta incollato molto probabilmente sul nome più antico, anche se non mi è stato possibile leggere bene in trasparenza. L'ode rientra nella decuria pubblicata durante l'assedio di Genova, e probabilmente il cambiamento ha una motivazione politica: l'occasione sembra essere dunque più importante dei personaggi da celebrare, anche quando si tratta di amici. Per quanto riguarda Andrea Vaccà, si veda il caso dell'ode Masi, non sempre facili (Ms. C.C., f. 101r), il cui destinatario, come si legge nell'incipit, è Glauco Masi di Livorno, stampatore; la poesia era stata scritta per altri dedicatari. Il primo nel manoscritto di Casa Carducci non si legge, il secondo era Andrea Vaccà Berlinghieri di Pisa. Anche sotto alla prima parola del verso c'è traccia di altri nomi, che non sono riuscita a decifrare. Sforza (Sforza, Contributo alla vita cit., pp. 6 e 15) sostiene che l'ode era originariamente dedicata al cugino della madre Don Giuseppe De Silva, e che il cambio di destinatario fu motivato da incomprensioni.torna su
33 Ms. C.C., f. 97 r.torna su
34 A. Montanari, Lumi di Romagna. Il Settecento a Rimini e dintorni, Rimini, Il Ponte, 1993, p. 11.torna su
35 Al Linneo Francese Lebrun | Ode | Il Fanatismo, in «Termometro politico della Lombardia» del 14 brumaio VI repub. (sabato 4 novemb. 1797 v. s.), n.° 36, pp. 298-300. Ponce Denis Écouchard Lebrun, detto Lebrun-Pindare (nato e morto a Parigi, 11.08.1729 - 31.08.1807), poeta, abbraccia le istanze della Rivoluzione Franese; cfr. anche nota 29.torna su
36 Il Fanatismo | ode | del cittadino Fantoni | per la contro-rivoluzione religionaria | seguita in Corsica il 5 luglio 1791 | al lirico francese Lebrun; in Anno patriottico | varietà istruttive | compilate dal cit. Ranza | Vendemmiaio | vol i. | 1800 | Torino. Dalla Stamperia Fea, pp. 102-05.torna su
37 Sforza, Contributo alla vita cit., p. 355.torna su
38 Ivi, p. 290. Biagini era un collaboratore della rivista giacobina «Il Censore» (vedi Fantoni, Epistolario cit., p. 290).torna su
39 Ms. C.C., f. 29 r.torna su
40 Sforza, Contributo alla vita cit., p. 341.torna su
41 Ivi, pp. 356-57.torna su
42 Fantoni, Epistolario cit., pp. 445-46.torna su
43 Garau, Dedicatorie cit., pp. 73-74.torna su
44 Poesie varie | di | Labindo | nuova edizione corretta | ed accresciuta | Est Deus in nobis, agitante calescimus illo | Ovid. | Livorno | - | Presso Giacomo Marsoner | in Rimino | 1797 | Antonii Gridoglia Forolivien.torna su
45 Nel ms. 220 dell'Archivio di Stato di Massa era dedicata a Pio Fantoni in morte di Jacquier un'altra poesia, dal titolo Il Vaticinio, incipit Il saggio, amico del vero, stabile (f. 70 r), ma la dedica è cancellata e sostituita dall'invio a Francesco Saverio Petrucci di Siena.torna su
46 Dal ms. 220 dell'Archivio di Stato di Massa (f. 56 r) si evince che si tratta di Domenico di Gennaro.torna su
47 Ms. C.C., f. 33 r.torna su
48 La lezione «Governi» è tratta dal ms. 220 dell'Archivio di Stato di Massa (f. 31 r), poiché la parola non si legge nel ms. di Casa Carducci, e confermata dall'«edizione Italia».torna su
49 Ms. C.C., f. 12 v.torna su
50 Fantoni, Epistolario cit., p. 514.torna su
51 Ivi, p. 531.torna su
52 Ms. C.C., f. 23 v.torna su



Bibliografia

Manoscritti


• ms. C.C.= Odi di Giovanni Fantoni cognominato Labindo | Italia | MMDLV. (1804) | dalla fondaz.e di Roma (presso la biblioteca di Casa Carducci, Bologna, ms. 6 dei mss. non carducciani)
• ms. 220 A.S.M. = Odi | di Giovanni Fantoni | cognominato Labindo | Libera per vacuum posuit vestigia… | Hor. Lib. i Ep. xix (presso l'Archivio di Stato di Massa, busta 220 dell'archivio Fantoni)
• ms. 222 A.S.M. = Odi di Giovanni | Fantoni cognominato | Labindo (presso l'Archivio di Stato di Massa, busta 222 dell'archivio Fantoni)

Fantoni (poesie ed epistolario):

Odi | di Labindo | Dicar ..... | ..... Aeolium carmen ad Italos | deduxisse modos. | Hor. Od. XXX. L. III. | = | A bordo del Formidabile | MDCCXXXII. | - | Con Permesso dell'Ammiraglio Rodney.
Odi | di Labindo | Dicar ..... | Aeolium carmen ad Italos | deduxisse modos. | HOR. Od. XXX. L. III. | = | A bordo del Formidabile | MDCCLXXXIII. | - | Con Permesso dell'Ammiraglio Rodney.
Scherzi | di Labindo | Lusimus | Berna | MDCCLXXXIV. | Con Approvazione.
Poesie varie, | e prose | di | Labindo | Est Deus in nobis, agitante calescimus illo. | Ovid. | MDCCLXXXV.
Poesie varie | di | Labindo | Nuova Edizione corretta, ed accresciuta. | Est Deus in nobis, agitante calescimus illo. | Ovid. | Livorno 1792. | presso Carlo Giorgi )( Con Approv.
Poesie varie | di | Labindo | nuova edizione corretta | ed accresciuta | Est Deus in nobis, agitante calescimus illo | Ovid. | Livorno | - | Presso Giacomo Marsoner | in Rimino | 1797 | Antonii Gridoglia Forolivien.
Al Linneo Francese Lebrun | Ode | Il Fanatismo, in «Termometro politico della Lombardia» del 14 brumaio VI repub. (sabato 4 novemb. 1797 v. s.), n.° 36, pp. 298-300.
Le | Odi | di | Giovanni Fantoni | cognominato | Labindo | Italia | anno ultimo | del secolo XVIII. | Presso Angelo Tessera.
Il Fanatismo | ode | del cittadino Fantoni | per la contro-rivoluzione religionaria | seguita in Corsica il 5 luglio 1791 | al lirico francese Lebrun; in Anno patriottico | varietà istruttive | compilate dal cit. Ranza | Vendemmiaio | vol I. | 1800 | Torino. Dalla Stamperia Fea, pp. 102-05.
Poesie | di | Giovanni Fantoni | toscano | fra gli arcadi | Labindo | Parma | co' tipi Bodoniani | MDCCCI.
Poesie | di | Giovanni Fantoni | toscano | fra gli arcadi | Labindo | Pisa | dalla Nuova Tipografia | 1803.
Poesie di Giovanni Fantoni toscano fra gli arcadi Labindo. - Napoli: nella Tipografia Sangiacomo, 1806.
Poesie | di | Giovanni Fantoni | fra gli arcadi | Labindo. | Tomo I. [Tomo II. Tomo III.] | - | Italia | 1823.
Lirici | del secolo XVIII | a cura | di G. Carducci | - | Savioli, A. Paradisi | Cerretti, Rezzonico, Cassoli, Mazza, | Fantoni, Lamberti, G. Paradisi. | Firenze, | G. Barbèra, editore. | 1871.
Le | odi | Giovanni Fantoni | (Labindo) | Con prefazione e note | di | Angelo Solerti | Torino | Casa Editrice Carlo Triverio | 1887.
G. Fantoni (Labindo), Poesie, a cura di G. Lazzeri, Bari, Laterza e figli, 1913.
G. Fantoni (Labindo), Epistolario (1760-1807), a cura di P. Melo, Roma, Bulzoni, 1992.


Studi:


E. Donadoni, L'Opera di Ugo Foscolo esposta ai giovani, Napoli, Francesco Perrella, 1918 (http://www.classicitaliani.it/foscolo/critica/donadoni_biografia_foscolo.htm; edizione elettronica di G. Bonghi, 20.04.1999).
S. Garau, Dedicatorie dell'Italia napoleonica (1796-1814). Tra continuazione e rottura degli schemi della dedica, Relatrice M. A. Terzoli, Lizentiatsarbeit Universität Basel, 2002.
G. Genette, Soglie. I dintorni del testo, a cura e trad. di C. M. Cederna (Seuils, Paris, Seuil, 1987), Torino, Einaudi, 1989.
A. Montanari, Lumi di Romagna. Il Settecento a Rimini e dintorni, Rimini, Il Ponte, 1993.
M. Paoli, L'autore e l'editoria italiana del Settecento. Parte prima: le edizioni di lusso, in «Rara Volumina», ii, 1995, 2, pp. 5-42.
M. Paoli, L'autore e l'editoria italiana del Settecento. Parte seconda: un efficace strumento di autofinanziamento: la dedica, in «Rara Volumina», i, 1996, pp. 71-102.
G. Sforza, Contributo alla vita di Giovanni Fantoni (Labindo), Genova, Tipografia della Gioventù, 1907.
M. Tatti, Bohème letteraria italiana a Parigi all'inizio dell'Ottocento, in Italia e Italie. Fra Rivoluzione e Restaurazione, Atti del Convegno di Studi, Roma, 7-9 Novembre 1996, a cura di S. Tatti, Roma, Bulzoni, 1999, pp. 140-60.
M. A. Terzoli, I testi di dedica tra secondo Settecento e primo Ottocento: metamorfosi di un genere, in Dénouement des lumières et invention romantique, Actes du colloque de Genève, 24-25 novembre 2000, Réunis par G. Bardazzi et A. Grosrichard, Genève, Droz, 2003, pp. 161-92.
M. A. Terzoli (a cura di), I margini del libro. Indagine teorica e storica sui testi di dedica, Atti del Convegno Internazionale di Studi di Basilea, 21-23 novembre 2002, Roma-Padova, Antenore, 2004.